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Depeche Mode: Spirit

I Depeche Mode di Spirit mischiano le carte, ma non troppo. Il loro nuovo disco è probabilmente il loro album più politico, in cui almeno 10 canzoni su 12 sono davvero "robuste". Difficile pretendere di più

Depeche Mode

Spirit

(Columbia)

elettronica, electro-rock, eletro-pop

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recensione depeche mode spiritSecondo album per la Columbia, primo con James Ford alla produzione: i Depeche Mode di Spirit mischiano le carte, ma non troppo.

Mischiano le carte perché Ford (metà dei Simian Mobile Disco e già al banco mixer di – tra gli altri – Arctick Monkeys e Foals) è un produttore molto curato e attento ai dettagli, ma non rinuncia alle distorsioni che già avevano fatto capolino su Playing the Angel (a cui non aveva lavorato). Qui i synth vintage sono in gran spolvero e i ritmi rock sempre dietro l’angolo, con più di una strizzata d’occhio ai suoni (quasi) industrial di Black Celebration.

Sparigliano il mazzo perché Spirit rivela il Martin Gore più politico di sempre e con chiare simpatie (ideologicamente) socialiste, a dispetto delle polemiche di questi giorni (montate ad arte?) che vorrebbero i Depeche Mode vicini a un gruppo inglese di estrema destra. Sparite quindi le allusioni sessuali del passato (tranne forse in You Move, che strizza l’occhio a It’s No Good), Spirit è una riflessione sociale sui tempi che stiamo vivendo.

I Depeche Mode del 2017 non rischiano però più di tanto e lasciano lo schema dell’album pressoché invariato, con la nenia cantata da Gore a metà album (Eternal) e la ricerca spasmodica di una nuova A Question of Time (So Much Love).

La voce di Dave Gahan non è più certo quella degli anni ’80, ma è diventata piacevolmente più roca, a metà tra un crooner e un rocker, forte di uno stile personalissimo e che non deve dimostrare nulla a nessuno.

Quello che forse manca a Spirit è il singolone da heavy rotation, ma non credo che importi a nessuno, tantomeno ai milioni di fan già pronti a conquistarsi le prime file degli stadi di tutto il mondo in cui presto cominceranno ad esibirsi.

Fail chiude l’album con davvero poca speranza, a sentire Martin Gore che canta We’re Fucked, sintesi di uno stato d’animo espresso in 12 canzoni di alcuni 10 davvero robuste. Davvero difficile pretendere di più da una band in attività da 37 anni e con un successo sempre crescente.

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Massimo Garofalo
Massimo Garofalo

Critico cinematografico, sul finire degli anni '90 sono passato a scrivere di musica su mensili di hi-fi, prima di fondare una webzine (defunta) dedicata al post-rock e all'isolazionismo. Ex caporedattore musica e spettacoli di Caltanet.it (parte web di Messaggero, Mattino e Leggo), ex collaboratore di Leggo, il 4 ottobre 2002 ho presentato al cyberspazio RockShock.
Parola d'ordine: curiosità.
Musica preferita: dal vivo, ben suonata e ad altissimo volume (anche un buon lightshow non guasta)

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