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Deep Purple: Now What?!

Tornano i Deep Purple con Now What?!, vetusti dell’hard rock, con un album che ripete i cliché del genere senza ovviamente stupire l’ascoltatore del duemila

Deep Purple

Now What?!

(Cd, EarMusic)

hard rock

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Deep Purple: Now What?!Partiamo da un presupposto, da un riepilogo dell’attuale formazione dei Deep Purple: il chitarrista storico, Ritchie Blackmore, non fa più parte della band dal 1993, anno dell’uscita di The Battle Rages On. Il suo posto è stato preso da Steve Morse, grandissimo chitarrista dei Dixie Dregs. Il tastierista Jon Lord è tristemente scomparso lo scorso anno ma comunque aveva lasciato il gruppo dopo l’album Abandon del 1998. Venne chiamato come rimpiazzo Don Airey, nome altisonante dal lungo curriculum (ha suonato con Black Sabbath, Jethro Tull, Colosseum II, Judas Priest, Wishbone Ash). Della formazione storica quindi sono rimasti in tre: Ian Gillian alla voce, Ian Paice alla batteria e Roger Glover al basso. Inutile dire che Gillian non ha la voce squillante dei bei tempi. Una voce consumata dal tempo e terribilmente piatta, in mezzo ai tanti stereotipi che affollano questa loro ultima fatica intitolata Now What?!

Come da titolo era lecito chiedersi dai Deep Purple “ed ora”? No, perché dopo 40 anni di carriera e 19 album la domanda appare un po’ assurda, come è assurdo sfornare dischi su dischi quando un gruppo ha già detto tutto in passato e nel 2013 continua a riproporre il genere che lo ha reso famoso.

L’album si apre con Simple Song: la voce stanca di Gillian introduce quello che sarà un tripudio di chitarre e tastiere, marchio di fabbrica dei Deep Purple. La canzone dalla struttura circolare termina appunto allo stesso modo di come è iniziata. L’unica cosa notevole della successiva Weirdistan sono le tastiere siderali di Airey. La sinfonica Out Of Hand è a tratti oscura, memore della lezione Sabbathiana. Hell To Play nonostante i brillanti assoli di chitarra e tastiera si riduce ad un banale inno da stadio. Above And Beyond e il funky di Body Line sono riempitivi.

In Blood From A Stone atmosfere placide con tanto di riverberi di chitarra e tastiera, si alternano a brevi impennate strumentali. Un notevole e lungo solo di Steve Morse apre Uncommon Man (dedicata a Jon Lord), pezzo sinfonico dai toni progressive. All The Time In The World è una ballata folk-rock à la R.E.M, mentre l’ultima traccia dell’album chiamata Vincent Price (un omaggio all’attore americano) è un horror hard rock dai toni spiritati con tanto di organo da chiesa, cingolii e temporali. Paradossalmente è  forse questa la cosa migliore del disco, merito del produttore Bob Ezrin (collaboratore storico di Alice Cooper). L’edizione limitata dell’album comprende la versione di It’ll Be Me, pezzo scritto da Jack Clement e pubblicato per primo da Jerry Lee Lewis nel ’57, in seguito registrata anche da altri artisti.

Now What?! non è proprio un cattivo disco, piuttosto un disco che nel 2013 non ha niente da dire. Come i Deep Purple, che dal vivo però continuano (abbastanza) ad essere una macchina da guerra. E’ triste vedere con quanto entusiasmo (da parte di media e non) venga accolto ogni album o una reunion di una band storica. L’esperienza ha ampiamente dimostrato la qualità (bassa) di questi ritorni. Ancora più triste è constatare che l’interesse per queste band sia nettamente superiore a quello per le innumerevoli band sconosciute (di qualità) che hanno qualcosa da dire, ma che non godono dell’attenzione che meriterebbero da parte dei media e degli addetti ai lavori.

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