Cranchi
Non Canto Per Cantare
(In The Bottle)
canzone d’autore, folk
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L’11 settembre del 1973, a Santiago del Cile, Salvador Allende muore durante il colpo di stato, appoggiato dagli Stati Uniti, che sancisce l’instaurazione della dittatura del generale Augusto Pinochet. Nella cultura di massa Allende, ma soprattutto Pinochet ed il suo regime sono stati più volte l’ispirazione per composizioni, canzoni, poesie, romanzi, film.
Non si parla di artisti minori, si parla di gente, tra gli italiani ad esempio, come Roberto Rossellini, Litfiba, Nomadi, Modena City Ramblers. Per non parlare di Joan Baez, Léo Ferré, Pete Seeger, Gabriel García Márquez, fino ai cileni Luis Sepúlveda e Víctor Jara, cantautore militante nel Partido Comunista de Chile con Pablo Neruda, considerato nei primi anni ’70 una voce talmente forte ed autorevole da venire assassinato cinque giorni dopo il golpe, dopo essere stato torturato, con le mani frantumate.
Proprio Víctor Jara è il punto di partenza da cui si dipana il nuovo lavoro di Cranchi intitolato Non Canto Per Cantare. Dieci tracce impregnate di canzone d’autore e militanza. Dal Cile di Allende (11 Settembre ’73) all’Italia di Giorgio Ambrosoli (Eroe Borghese) fino al Portogallo di Saramago (Mia Madre e Mio Padre).
I riferimenti musicali sono sempre una faccenda delicata: chi compone spesso non si ritrova nei riflessi che chi ascolta intravede. Sarà colpa di processi mentali complicati, di aspettative, di aspirazioni, di ascolti lontani, di tratti ereditari che saltano una generazione. In queste canzoni, che scorrono lisce e piacevoli per tre quarti d’ora, senza per questo volere a tutti i costi entrarti in testa, si intravedono un pò tutti gli esponenti della tradizione del cantautorato Comunista italiano.
Non solo i Nomadi, che pure sono sottolineati con un pennarello rosso tre volte (11 Settembre ’73 è quasi una versione alternativa di Salvador), in alcuni episodi sale a galla Stefano Rosso, gli Stormy Six, Francesco Guccini. E restringendo la focale a tempi più recenti spuntano Yo Yo Mundi e Modena City Ramblers.
Non ci sono suoni futuristici, non ci sono strutture musicali complicate e sghembe, non ci sono velleità di rivoluzionare la musica italiana. In questo disco ci sono canzoni. Scritte bene e suonate senza fronzoli. Canzoni un po’ di militanza, un po’ d’amore. Amore per la gente, la giustizia sociale, per quegli ideali tanto vituperati che sono talmente sbiaditi, ai giorni nostri, da far sembrare i sogni di uguaglianza completamente svaniti.
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