George Michael ‘Symphonica’ The Orchestral Tour
Milano, Forum d’Assago, 11 novembre 2011
live report
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E’ innegabile. Ci sono artisti dotati di un talento eccezionale, che permette loro di fare qualsiasi cosa. Possono stravolgere il proprio sound o semplicemente riadattare brani del passato, e il risultato è sempre e comunque un successo. Di esempi a supporto di tale tesi è pieno il mondo della musica, George Michael non è di certo il primo, né l’ultimo, a decidere di andare in tour con un’orchestra. Niente di trascendentale, d’accordo, ma pochi riescono a farlo con tanta classe ed eleganza.
Con la consueta puntualità che contraddistingue l’inizio concerti nel palazzetto milanese, poco dopo le 21 si spengono le luci su un Forum d’Assago che per l’occasione ha indossato l’abito della festa. Parterre placé e un palco semicircolare interamente drappeggiato, chiuso da un sipario che non si apre nemmeno quando comincia Through. La silhouette di George Michael si staglia in lontananza sulle note di questo primo di tanti pezzi d’atmosfera che caratterizzeranno la serata. Solo sul finale agli artisti saranno liberi di palesarsi al pubblico per iniziare a riscaldare gli animi con lo swing di My baby just care for me.
Una quarantina di elementi circa, tra cui fiati, percussioni e archi (c’è persino un’incantevole arpa) e quattro coristi fanno da cornice a questo evento ‘di un certo livello’, dall’indiscusso stile e dall’indubbia raffinatezza. In scaletta si alternano brani scritti da George, come Cowboys and Angels e la struggente You have been loved (come sempre dedicata alla madre) a cover come Idol di Elton John e Going to a town di Rufus Wainwright, fino alla rivisitazione del brano dei New Order, True faith, di recente pubblicazione.
Con Brother, can you spare a dime? si chiude il sipario sul quale viene proiettato un countdown di venti minuti, tempo tecnico per un cambio d’abito e per far riposare l’orchestra. Il secondo set riprende l’alternarsi di cover (tra cui un omaggio ad Amy Winehouse) e pezzi originali. Nonostante tutto l’evento in sé sia alquanto emozionante, alcuni particolari momenti sono più toccanti di altri, come l’inedita Where I hope you are, scritta e dedicata a Kenny Goss, suo ex compagno o la versione di Wild is the wind, che parte come quella classica presente in Songs from the last century, per poi aprirsi dopo il primo ritornello, quando la batteria le conferisce toni più ritmati simili a quelli portati in scena da David Bowie durante il concerto al BBC Radio Theatre del 2000.
Feeling good chiude questa seconda parte per lasciare spazio a un paio di bis. La gente nel parterre è tutta in piedi assemblata sotto il palco e anche sugli spalti il pubblico comincia a muoversi. George Michael e i suoi quattro coristi improvvisano il classico ‘warm up’ con cui tutte le sere scaldano la voce, per poi continuare con un ritmatissimo e coloratissimo medley all’insegna di grandi pezzi del passato (Amazing, I’m your man e Freedom) e finire con un ultimo tocco di classe (I remember you), con George che esce di scena salutando i fans mentre l’orchestra accompagna i primi impazienti astanti verso l’uscita eseguendo la strumentale Free.
Per due ore George Michael ci ha incantato con la sua splendida voce e cullato sulle note di artisti di epoche diverse. L’unico rimprovero che gli si può fare è che molti dei suoi brani originali sono stati lasciati in panchina per privilegiare cover di vario genere, quando invece la sua discografia è piena di pezzi che con l’accompagnamento dell’orchestra avrebbero reso ancora di più. Al di là di questa piccola critica, è indubbio il fascino che un concerto del genere riesce a esercitare non solo sugli amanti di questo artista, ma sugli appassionati di musica in genere. Non sarà certo uno show fisico dall’alto feedback con il pubblico, ma è sicuramente uno di quegli eventi imperdibili, da ascoltare a occhi chiusi, lasciando che la pelle d’oca si impossessi di ogni centimetro quadrato della vostra pelle.
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