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Computers: This Is Computers

Sono brutti, sgraziati e malandati. Ma il loro sound ha una carica davvero rara. Viaggio nel mondo grezzo e kitsch dei The Computers, band inglese al suo secondo full length

Computers

This Is Computers

(Cd, One Little Indian Records)

punk, hardcore

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Computers- This Is ComputersA volte capita di imbattersi in cose che di primo acchito appaiono  brutte. Poi le guardi, le osservi, cominciano a incuriosirti e alla fine, quasi quasi, cominciano pure a piacerti. Ti sembrano quasi belle.

Con i Computers avviene esattamente la stessa cosa. Se si guarda un loro video, si noteranno quattro ragazzotti vestiti di bianco, sudaticci, che si muovono a scatti, con pose sgraziate, e urlano fino a spaccarsi la gola nei microfoni, fino a sembrare la versione freak di una college band. Ma dopo un po’ che li ascolti quelle chitarre tirate ti coinvolgono sempre di più, quella batteria pressante risulta sempre più coinvolgente e quella voce sgraziata diventa il perfetto coronamento di un sound sporco, brutto e irresistibilmente autoironico e kitsch.

This Is The Computers è il nuovo lavoro della band di Exeter.  Undici tracce tra hardcore e punk, con una punta di rockabilly, che ha il ruolo di arginare e di rendere più orecchiabile ciò che altrimenti sarebbe una scarica incontrollata di urla e accordi fumosi.

Si parte con la caustica Where Do I Fit In,  grezza e sincopata, per proseguire con i riff di chitarra duri e paranoici di Lovers Lovers Lovers e Blood Is Thicker.

Hat Damocles ha una chitarra cupa e una voce più sguaiata e più maledetta del solito, unite per creare un rock marcio e nero. Are You Now sembra la versione hardcore di un brano dei Dandy Warhols: chitarre catchy e ritornello orecchiabile, cantato però dalla solita voce urlata e imprecisa.

Yeah Yeah But è una sciabordante unione di riffettini  e battiti sincopati, mentre la conclusiva Music Is Dead è il riassunto finale di questo strano connubio di punk sgangherato e di hardcore gridato ai limiti della sopportazione, il tutto ingentiliti da alcuni riff rockabilly, che immediatamente però si trasformano di nuovo in accordi inaciditi e serrati.

This Is The Computers è un elogio della bruttezza: è quanto di più lontano dalla grazia e dalla perfezione si possa immaginare. Ma è questo il brutto che piace.

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