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Collettivo Ginsberg: Tropico

Una (con)fusione di suoni e di testi ermetici: questo è Tropico, l'ultima fatica del Collettivo Ginsberg

Collettivo Ginsberg

Tropico

(IRMA/L’amor mio non muore)

canzone d’autore, canzone italiana, indie


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collettivo-ginsberg-tropicoSamba, mambo, funk, rhythm and blues e la più classica canzone italiana degli anni ’60… questo mix di sonorità è Tropico, il nuovo disco dei Collettivo Ginsberg.

Dopo tre anni di silenzio dopo la pubblicazione di Asia Nisi Masa del 2013, la band romagnola torna sulla scena musicale con questo album meno introspettivo ma più visionario.
Tropico infatti, ha l’intenzione di far interagire l’uomo con la natura che lo circonda, attraverso il canto ed il ballo.

Anche i testi sono un cut – up (aspetto peculiare della scrittura della band) che, seppur meno invasivo rispetto al lavoro precedente, abbinato alla combinazione di suoni delle canzoni, creano un caos al limite dell’ascoltabilità.
Già, perché è difficile inserire questo disco in un genere specifico, è difficile ascoltare cosa ci vogliano raccontare i testi delle canzoni, così come trovare il ritmo della musica stessa.

Dadaista, si potrebbe definire così l’ultima fatica di Cristian Fanti e compagni, che rifiuta letteralmente la ragione e la logica, aprendo la porta ad un’esplosione di colori.
Esplosione di colori che si ritrova anche sulla copertina, olio su tela dell’artista Domenico Demattia dal titolo Safari.

Le dieci tracce che compongono questo lavoro sono state pensate sin dal 2009 (La strada dei mulini a vento e Portami con te, scritti durante il periodo londinese della band) e si vanno a mescolare con le altre, più recenti ma anche con tre poesie (Metti che di Raffaello Baldini, La notte del mondo di Aldo Spallacci e Danza Macabra di Andrea Mandolesi).

Sono tante le citazioni e le influenze (da Miles Davis a Perez Prado, da Screamin Jay Hawkins a Milton Nascimento passando anche per Dalla e Battisti), forse troppe e rischiano di far sollevare un baccano.

Ma forse l’intenzione del Collettivo Ginsberg era questa: creare suoni liberi e confusi, proprio come l’uomo in mezzo alla natura.

 

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Laura Cirilli
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