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Cleisure: Hydrogen Box

Shoegaze, punk, funky, dalla provincia di Avellino i Cleisure debuttano con il loro primo album dai suoni mexicobritish.

Cleisure

Hydrogen Box

(Overdub Recordings)

indie rock

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recensione - Cleisure- Hydrogen BoxHydrogen Box  è un album uscito lo scorso inverno, ma bello d’ascoltare in questi giorni afosi con queste sonorità allegre e spensierate, bislacche e piene di alternanze, visionarie e ribelli, mentre ci si invola in qualche località della costa del Tirreno, di quelle che hanno un sapore selvatico. Stiamo parlando dell’album di debutto dei Cleisure, una scatola ripiena di idrogeno pronta ad infiammare i palchi estivi.

I Cleisure sono un trio della provincia di Avellino capitanato dal singer-chitarrista Terenzio Procaccino, Cristian Zicola al basso e Mattia Procaccino alla batteria, provenienti dalle ceneri degli Slamina, band locale da cui ereditano lo stile influenzato da The Strokes, Blur, The Libertines. Leggo che “il loro sound è una commistione di garage rock anni 60, modern indie britannico e shogaze, il tutto cantato in inglese”. Effettivamente è così e si deve dare atto che le loro 10 canzoni si esauriscono velocemente nelle mezzoretta di questo loro disco di presentazione in maniera molto piacevole.

Nei due minuti scarsi di Broken Tiles Are Attracting The Mailbox capiamo subito che ci troviamo di fronte ad uno dei gruppi inusuali che sfodera schegge di canzoni snocciolate tra sentimenti di rassegnazione (Locked in a Pocket), impulsi sessuali (Pollution, pezzo bello carico), brani che s’inseguono all’interno dello stesso pezzo (Terror/Struck), momenti decisamente funk (Whay) in cui sembrano, senza offesa, i Maneskin senza il carisma di Damiano ma con molta più maturità compositiva.

Quentin Tarantino li potrebbe volere in uno dei suoi film, dopo aver ascoltato Television Is A Trap For Kids, segno che questi suoni scaldano il corpo quanto Tequila col verme, raccapricciante a pensarlo, ma mi dicono molto vibrante. Verso la fine del disco la valutazione è positiva per il ritmo incessante (non un lento), la leggerezza e l’energia, e anche il bel lavoro di arrangiamento soprattutto in coda con Across the Stormwalk.

Insomma, non è una band che prende la chitarra e fa un po’ di casino con le melodie del momento, ma si diletta a stupire. Non so se usciranno fuori dal territorio campano per diverse ragioni, ma sono da tenere d’occhio perché non sono fatti solo per aprire i concerti degli altri.

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Luca Paisiello
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