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caspio: recensione di Noi che viviamo in un mondo perfetto

Nel suo primo full length, il cantautore triestino caspio si chiede se è davvero perfetto, questo mondo, o se sia solo una gabbia, neanche tanto dorata, dalla quale è difficile scappare.

caspio

Noi che viviamo in un mondo perfetto

(Believe Music Italia)

indie, rock, pop

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La musica di Giorgio di Gregorio, in arte caspio, è sempre stata non proprio di tendenza. Motivo per cui, dopo una partenza in chiave elettronica, il cantautore triestino ha deciso di tornare alle origini, a quelle sonorità tipiche degli anni ’90 così care alla sua generazione, ma soprattutto alla musica suonata davvero. Ed è così che questo ritorno al primo amore ha dato vita al suo album di debutto, Noi che viviamo in un mondo perfetto.

In realtà, i semi di questa evoluzione musicale erano già tutti presenti nel brano di chiusura dell’EP fugit, che conteneva lo stesso riff di chitarra che caratterizza Cinico, pezzo di apertura della nuova release nonché apripista del nuovo (si fa per dire) corso musicale, come se già a quel punto fosse stato chiaro da dove venisse la spinta per ripartire.

Noi che viviamo in un mondo perfetto è un ritorno agli anni ’90, ispirato da band come Smashing Pumpkins, Nirvana e Pixies, che non cede troppo alla nostalgia, ma cerca la sua strada nel mondo moderno, per non sembrare una mera fotocopia del tempo che fu. E ci riesce, senza snaturare la propria essenza e dando risalto appunto agli strumenti e alla loro resa, distorta o pulita che sia.

Tra brani upbeat rock (Questa sera), altri in puro stile Pixies (Normali), tracce acustiche (Arrendersi), grunge (Improvvisamente) e quasi punk (Non dirlo a nessuno), caspio porta avanti una sorta di fil rouge, una serie di domande esistenziali di una generazione disillusa e rassegnata, mai all’altezza delle aspettative e che non riesce a trovare una via di fuga dalla stagnazione in cui si trova, suo malgrado, costretta.

Si parla di una normalità artificiale e alienante (Normali), della voglia di essere più liberi e cinici (Cinico) e del coraggio di dimenticare e di non aver paura del futuro per sentirci di nuovo vivi (Questa sera), ma soprattutto della pacata rassegnazione (Come doveva andare, Arrendersi) che domina le nostre vite, in questo mondo perfetto che ci chiede di essere perfetti ma per il quale poi perfetti non saremo mai abbastanza.

In Noi che viviamo in un mondo perfetto caspio si è sentito finalmente libero di tornare alle sonorità nelle quali si identifica davvero e di sviscerare tematiche e sentimenti spesso ancora considerati dei tabù. Piantando un seme di speranza sul finire e sottolineando come nella vita valga sempre la pena interrogarsi e porsi delle domande, guardando dentro a questo mondo per trovare noi stessi.

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Simona Fusetta
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