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Burzum: Fallen

Ritorna Varg Vikernes, in arte Burzum, e con Fallen offre al nostro ascolto un lavoro impregnato di mitologia e inquietudine

Burzum

Fallen

(Cd, Byelobog Productions)

black metal

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burzum - fallenE’ difficile prescindere dal personaggio controverso quando si parla di Burzum, al secolo Varg Vikernes, icona del black metal norvegese che, dopo aver passato circa 15 anni della sua vita in prigione per omicidio, apre un nuovo capitolo della sua vita e carriera, a seguito della relativamente recente conclusione del suo periodo di carcerazione.

Aveva inaugurato la sua produzione da uomo di nuovo libero già un anno fa, con Belus, e continua oggi con Fallen, un bel disco che i temi ora epici ora tetri, i canti infernali, un uso non invasivo dell’elettronica e uno spiccato senso della melodia rendono un insieme interessante, vibrante, nonostante alcuni passaggi un po’ torpidi, che nulla tolgono al fascino dell’insieme.

Il disco contiene sette tracce, dal minutaggio in media piuttosto lungo, che consente di immergersi in maniera completa e perfetta nell’atmosfera dell’album: che abbraccia un immaginario di morte, ma anche di resurrezione, intrecciato con l’immancabile senso della natura nordico, quasi mistico.

Lo schema di Fallen disegna l’arco (teso) di una caduta, a partire da Fra Verdenstreet, l’albero del mondo caro alla mitologia nordica e non solo, intro strumentale animato da un vento carico di presagi, in cui risuona l’eco di voci lontane e misteriose. Con l’apertura vera e propria di Jeg Faller si entra nel vivo di un’atmosfera sofferente, intensa. La voce roca e spezzata valorizza le asperità del norvesege dei testi e il brano ha un motivo imponente, lento.

Le chitarre sono più prominenti, erompono su una buona base melodica in Valen, frastagliato, cupo, intriso della disperazione dell’essere scagliati a forza contro l’oscurità e la morte. Vanvidd, follia, è un concetto rispecchiato in modo fedele nella secca urgenza del brano che si ammorbidisce per lasciare spazio a chitarre affilatissime e ossessive, con la voce che si fa una nuvola eterea, per diventare infine grido che pietrifica.

Se questi due brani completano la parabola della caduta, nel clima dolente di Enhver Til Sitt e in quello guerresco e scurissimo di Budstikken si rimane impantanati, sofferenti. In particolare quest’ultimo pezzo è il più narrativo dell’album, monumentale nei suoi dieci minuti, una sorta di chiamata alle armi sontuosa e spettrale.

A chiudere questo gradevole e ben orchestrato Fallen, un brano strumentale che non ci si aspetta del tutto, con percussioni, arpeggi e voci che sembrano richiami da un altro mondo, e che formano quasi un insieme rituale, tribale, sicuramente d’effetto, in attesa della prossima mossa del progetto Burzum.

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Miranda Saccaro
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