Bologna Violenta
Uno Bianca
(Woodworm, Wallace Record, Dischi Bervisti)
grindcore, neoclassical, experimental
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C’era da aspettarselo: ancor prima dell’uscita di questo ultimo lavoro di Nicola Manzan – alias Bologna Violenta – ci sono state delle feroci polemiche nei suoi confronti. Il motivo risiede tutto nel titolo Uno Bianca e nella sua cruenta foto che fa da cover. Si tratta del solito perbenismo a convenienza: l’intento di Manzan era semplicemente quello di ricordare gli efferati crimini della banda della Uno Bianca e la scia di morti che si portò dietro (24 omicidi e 102 feriti in tutto tra l’87 e il ’94). Si tratta comunque di una condanna nei confronti di quella storia sanguinaria che sconvolse Bologna e dintorni, ma verosimilmente l’Italia intera.
Il disco in questione affronta gli eventi salienti di questa drammatica pagina di cronaca nera, tra rapine a distributori, caselli autostradali e supermercati: il tutto senza tralasciare le sfortunate vittime della banda criminale capeggiata dai fratelli Savi.
Si tratta di 27 brani (o vignette) interamente strumentali caratterizzati da assalti chitarristici in stile grindcore che rappresentano al meglio la crudeltà delle vicende raccontate. Ogni brano ha per titolo data, luogo e tipo di crimine commesso.
Da una parte c’è la chitarra (coadiuvate da una drum machine impazzita) che ha come scopo quello di raccontare freneticamente sparatorie, rapine, fughe. Dall’altro ci sono gli archi che hanno funzione bivalente: in alcuni casi vengono usati per sottolineare la ferocia di certe vicende, in altri vengono suonati in modo solenne e doloroso ricreando l’atmosfera funerea che circonda le vittime di quei crimini, scandite anche da campane che suonano a morto (un rintocco per ogni uccisione).
In ultimo c’e il synth atmosferico che accompagna i brani e conferisce un po’ di quel senso di tragicità, come ben evidenziato nella quindicesima track che vira sull’ambient (l’attacco alla pattuglia dei Carabinieri, 3 morti). Chiude il disco l’ultimo evento saliente che pone fine alla storia tragica e sanguinaria della banda della Uno bianca: il suicidio del padre dei fratelli Savi. Lo struggente lavoro degli archi scava a fondo fra gli ultimi pensieri di Giuliano Savi, che ormai sopraffatto dalla vergogna per i crimini dei figli ingerisce una dose massiccia di psicofarmaci e muore all’interno della sua Uno bianca, simbolo di 7 anni di terrore.
L’album segue quasi sempre gli stessi binari, ma appunto perché segue delle trame prestabilite (che sono quelle dei crimini). La libertà espressiva è palesemente ridotta per questo motivo; intelligentemente Manzan almeno non si dilunga inutilmente. Le tracce sono quasi tutte brevi (sotto il minuto e mezzo) e non danno tregua grazie ai continui attacchi sonori. Gli episodi migliori sono i 3 brani più lunghi, i più atmosferici. Uno Bianca ha il merito di far tornare indietro la mente di 27 anni e di far rivivere l’efferatezza di quegli atti criminali che Bologna Violenta vuole condannare.
P.S: L’ascolto dell’album è accompagnato dal racconto scritto, traccia per traccia, degli eventi illustrati nel brani
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