Big Whales
Bubble Blower
(A Buzz Supreme)
pop-rock, alt-rock
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I Big Whales arrivano da Teramo e Bubble Blower è il loro album d’esordio.
Sono un trio e, come tali, hanno un suono essenziale e una struttura solida e ben definita. Stefano Paris (voce e chitarra), Federico Fazia (basso), Luca di Pancrazio (batteria), hanno lavorato su “idee precedenti e brani incompiuti” per circa 2 anni. Poi, con una decina di brani al seguito, si sono rinchiusi in studio di registrazione insieme al tecnico Davide Grotta cercando di dare forma a un progetto omogeneo e mai troppo “afferrabile”.
Il brano di apertura, Broken Mirror, sorprende per due motivi: innanzi tutto perché non è poi così usuale iniziare con una ballad e, poi, per l’attitudine blues che ne permea l’intera esecuzione.
Quando arrivo alla title-track, letteralmente traducibile in Bolle Di Sapone, mi aspetto qualcosa di particolare, forse perché soffiare nell’archetto di plastica era uno dei miei giochi preferiti da bambino. E in effetti è una traccia molto educata, con un’interessante linea ritmica che fa da rimbalzo alla voce suadente di Stefano Paris che, senza mai strafare, riesce ad ammaliare con un garbo stilistico che sa quasi di anacronistico per quanto è piacevole.
To Hide invece è la parentesi psichedelica che avrebbe potuto essere un perfetto filler di Strawberry Fields, mentre If It’s Bad è descritta dagli stessi membri della band come una “graffiante danza dalle venature stoner”.
Probabilmente, se dovessi consigliarvi un brano da ascoltare per identificare immediatamente l’album, sarebbe il penultimo, Blurred, che suona soave come un pezzo di lusso dai migliori Ottanta.
Diciamo che, appunto, gli aggettivi che meglio si addicono a questo lavoro sono ripetizioni di quanto già detto nelle righe precedenti: soavità, garbo, eleganza, misura.
Sì, forse il termine rock potrebbe ingannare, soprattutto perché a nominarlo ci si immagina subito i Rolling Stones o i Metallica.
Quello dei Big Whales è un rock educato, cadenzato e a tratti quasi ipnotico, che potrebbe fare da sfondo a una stanza avvolta dal fumo dei narghilè o riempita dalle maschere inespressive ma ambigue di una festosa orgia dei sensi (o dei corpi, fate vobis).
Una menzione particolare va alla batteria mai banale e a una linea melodica dolce anche nei tratti più ruvidi. L’ascolto dei loro brani rilassa, libera e rigenera.
E questo è quanto.
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