Bea Sanjust
Larosa
(Goodfellas)
canzone d’autore
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Che dire, con un disco così negli orecchi puoi affrontare qualsiasi cosa, è come camminare sul cielo, saltarellare giocosi a mezz’aria o correre in un prato sconfinato, un disco che prende destinazioni sognanti laddove il mondo, la quotidianità e la sua realtà ti vuole accanitamente legato alla gravità terrestre.
È una bella “scappatoia” quella che la cantautrice Bea Sanjust ci regala con Larosa, disco d’esordio di una raffinatezza d’altri tempi, una brezza cantautorale Seventies d’oltre Manica profumata di folk, echi fielding e tutta la gradevolezza “bio” di una voce eterea, vintage, a tratti nebbiosamente gaelica Sawdust, Wildflowers, che sollazza l’udito.
C’è una anima che trasversalmente vola sulla tracklist, ed è quel senso di grazia immacolata che magicamente illumina il retrogusto amarognolo che il disco esporta oltre i coni stereo, si è investiti da un fascio di melodie cullanti, avvincenti, carezze Marijuana e fantasmi intimi She needs me, voli psichedelici Twinkletwinklelittlestar e velluti acustici JethroTull(iani) The eye, in una delicata marea di suoni poetici che non solo fanno spiccare virtualmente il volo come un palloncino gonfio di elio, ma addirittura ti danno residenza nel loro cosmo ovattato.
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