Balmorhea
Clear Language
post-rock, minimal-indie-rock, instrumental
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Tornano i Balmorhea, praticamente in sordina, col nuovo – bellissimo – Clear Language. Se escludiamo l’EP Heir, sono passati 5 anni da Stranger (di cui ci occupammo qui e per il cui tour intervistammo la band qui).
Clear Language lascerà contenti i fan della prima ora della band texana, specie quelli che li avevano conosciuti col capolavoro Constellations; la nuova fatica infatti (ri)trova il pianoforte spesso protagonista e le atmosfere onirico-cinematiche che più ci fanno amare i Balmorhea.
La creatura musicale di Rob Lowe e Michael Muller la etichettiamo per comodità come post-rock (da cameretta), definizione che come ben sappiamo significa tutto e niente e che – oltretutto – accomuna band assai diverse tra loro.
Provare a raccontare quest’album significa fare riferimento alla musica neo-calssica, ad alcune atmosfere già esplorate dai Labardford e dai Bark Psychosis, alla mancanza di paura di mandare qualche suono in distorsione (Ecco), al piacere di far affacciare gli archi quasi timidamente nelle loro canzoni, ai delicati loop di synth da cui prendono il pretesto per andare verso lidi che solo i sogni riescono ad immaginare, a non dimenticare le radici della musica popolare delle loro terre.
E là dove Stranger era un album piuttosto eclettico, Clear Language vede invece impegnati i Balmorhea in poco meno di 40 minuti di musica coerenti nel volerci lasciar sognare ad occhi aperti a tutti i costi. Da non perdere.
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