Bad Apple Sons
My Dear No Fear
(Chic Paguro)
industrial, noise-rock
_______________
Figli del noise-rock e della musica industriale, tornano con un nuovo disco i Bad Apple Sons, quartetto toscano che con My Dear No Fear giungono al secondo album in carriera, a 4 anni di distanza dall’omonimo esordio.
Si tratta di un disco oscuro e aggressivo, martellante e claustrofobico, condito da linee vocali che alle volte abbracciano la follia, altre la teatralità, binomio che è il cardine del disco.
My Dear No Fear si snoda in 9 brani, con influenze post-punk e industrial di gruppi sia di vecchia scuola (Birthday Party, Swans, Cop Shot Cop) sia di nuova ondata (Liars e These New Puritans).
Con Free Neural Enterprise ci addentriamo nel mondo dei Bad Apple Sons, un mondo fatto di angoscie e inquietudini ben illustrate da un basso plumbeo, dalle pulsazioni industrial delle percussioni, avvolte da un canto a tratti cantilenante a volte da messa nera.
I toni si esasperano con Tempest Party, che si apre con feedback urlanti e riff granitici, in virtù di una baraonda di urla e distorsioni che non concedono pause. My Dear And Fear, dalla ritmica galoppante e ossessiva, conduce direttamente in territorio Ulan Bator.
L’accattivante The Holiest invece mostra la vena melodica del gruppo, con canto trascinante e malefico, reminiscente di un certo Ask Question Later dei Cop Shot Cop.
In Ascend si condensa tutta la tensione delle tracce precedenti. Il brano è un lento scandire, come le lancette di un orologio, del tempo che si avvia verso l’ignoto, verso una fine inevitabile e feroce. Sono quasi nove minuti di caduta libera che si fanno sempre piu oscuri.
Dal recitato-cantato sopra il drumming martellante e le paranoie di chitarra e basso su Cowards, si giunge all’ottava traccia, passando per la tetra e luciferina Black Monkey.
No No è appunto un saggio delle reali capacità del gruppo (insieme all’ultima traccia del disco). Il clima è intorpidito, con voci filtrate e umane che si incrociano, creando insieme all’ambiente carico di mistero un concentrato di angoscia e inquietudine, un quadro sfocato come in un incubo dei Throbbing Gristle.
La chiusura è affidata all’apocalittica Stop Shakin’ Rope, vertice dell’album. La composizione è camaleontica: inizia con la malinconia degli archi e poi evolve pian piano in un’agonia che risucchia tutto, mente e corpo. E’ anche la prova vocale più convincente: è infatti la voce del cantante che prende in mano il brano e lo trascina verso la fine in un vortice emotivo di rara efficacia. La breve coda degli archi è struggente. In Stop Shakin’ Rope si fondono con successo il dramma psicologico di Jim Morrison, la teatralità di Nick Cave, e la lenta agonia di Michael Gira.
Partendo dalle evidente influenze però non tutto l’album è allo stesso livello, e alcuno brani sono un po’ delle rivisitazioni, dove l’elemento distintivo si esprime davvero poco. Al gruppo manca il più delle volte la capacità di osare, di spingersi oltre. Solo una manciata di brani sono davvero interessanti. Se i Bad Apple Sons ripartiranno da questi brani allora ci consegneranno certamente un lavoro più solido e più avvincente di My Dear No Fear.
[amazon_link asins=’B00IPOLYXU,B00IPOM1VE,B00IPOM8ZS,B00IPOMA1A,B00IPOM7NQ,B00IPOM6QY,B00IPOM4K2,B00IPOM32Q,B00IPOM0Z6′ template=’ProductCarousel’ store=’rock02-21′ marketplace=’IT’ link_id=’ e1ddf6c3-1152-11e7-b4b9-23509b4f5c38′]
Gli ultimi articoli di Alessio Morrone
- The Pop Group: Honeymoon On Mars - November 18th, 2016
- Live Footage: Moods Of The Desert - October 3rd, 2016
- Pin Cushion Queen: Settings_1 - September 16th, 2016
- Grandmother Safari: recensione album omonimo - September 5th, 2016
- Merzbow/Haino/Pandi: An Untroublesome Defencelessness - July 28th, 2016