Arcade Fire
Reflektor
(CD, Mercury Records)
indie rock
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Una delle note che contraddistinguono gli Arcade Fire è sicuramente l’originalità. Nella loro quasi decennale carriera il gruppo canadese non si è mai appiattito ma anzi è sempre andato alla ricerca ogni volta di sonorità nuove e diverse. Pertanto dopo aver fatto attendere i loro fans, e non solo, quasi tre anni dopo The Suburbs, il loro ritorno sulle scene con Reflektor non lascerà deluso nessuno.
Il nuovo album, separato in due dischi per un totale di 75 minuti, è un concentrato di sound diversi e passando dall’ascolto di un disco all’altro “è come andare in un luogo diverso” come ha dichiarato il cantante Win Butler. Ascoltando ogni singola traccia delle tredici che compongono il disco, ti puoi addentrare di volta in volta in qualcosa di diverso, completamente differente da tutto il resto. L’attesa che si è creata attorno a questo disco è stata notevole grazie anche alla brillante operazione di marketing che c’è stata dietro. Inoltre tra i due singoli usciti (Reflektor e Afterlife) e il brillante live al “Saturday Night Live” si era già potuto in parte saggiare il materiale di questo album.
Non a caso Reflektor apre l’album ed è il viatico migliore per chi inizia l’ascolto del disco. Sonorità cupe, un crescendo finale che ti lascia senza fiato, il tutto impreziosite dalla voce di David Bowie, che leggenda narra abbia collaborato “per caso” visto che voleva far sua la canzone rapito dalla genialità del pezzo e il gruppo come punto d’incontro gli abbia proposto di partecipare alla track. Si prosegue con We Exist, pezzo pop-rock vintage votato molto ai ’70.
Flashbulb Eyes è contraddistinta da delle sonorità bizzarre, una sorta di guazzabuglio colorato piacevole da ascoltare. Here Comes the Night Time si presenta con delle venature reggae con un finale accelerato tutto percussioni molto sudamericano. Davvero interessante Normal Person, pezzo rock crepuscolare molto rollingstoniano. Segue la “danzereccia” You Already Know e Joan of Arc, pezzo rock d’annata con alcune parti cantate in francese e un giro di batteria incessante che ti entra nella testa a chiudere il primo disco.
Il secondo parte con Here Comes the Night Time II, più un interludio, a cui fa seguito l’onirica Awful Sound (Oh Eurydice) da ascoltare chiudendo gli occhi. It’s Never Over (Oh Orpheus) svolta più sul rock quasi ai Clash, mentre bisogna lasciarsi avvolgere dall’elettro rock di Porno. Afterlife è pezzo con un ritmo contagioso, influenzato dalla musica hawaiana mentre si chiude con la leggera Supersymmetry.
Ascoltando l’ultimo album degli Arcade Fire ti trovi di fronte a una vera e propria esplosione di originalità e “colpi di genio”, che ti ammaliano completamente e che ti convincono che nel panorama musicale mondiale c’è ancora qualcuno in grado di fare della “vera” musica. Ce ne fossero di Arcade Fire a questo mondo.
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