Alter Bridge
Fortress
(Cd, Roadrunner/Warner)
metal
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Quarta produzione degli Alter Bridge che con Fortress affondano un altro gran colpo nel firmamento delle band di culto dell’heavy metal del momento. Ormai i Creed sono il progetto collaterale di questa band, e non il contrario, riunendosi ormai occasionalmente con Scott Stapp e lavorando comunque sui progetti solisti come hanno fatto in questi ultimi anni sia Myles Kennedy, che ha prestato la sua voce negli ultimi due dischi e nei tour di Slash e che sarà dalla sua anche nel prossimo disco dell’ex gunner, che Mark Tremonti, l’axeman che ha pubblicato un apprezzato disco d’esordio l’anno scorso.
Che la vena esecutiva della coppia Kennedy-Tremonti sia ai massimi livelli lo si sente fin dalle prime battute di Cry of Achilles, dove Myles ricorda a tutti di essere anche un chitarrista di buon livello, introducendo un arpeggio memorabile prima che si scateni il fulgore elettrico. Addicted to Pain e Bleed It Dry è una festa di pelli scavate a fondo dalle bacchettazze di Scott Phillips, costretto ad inseguire il ritmo forsennato delle veloci dita di Tremonti.
Con Lover si torna al lentone melodico senza essere mieloso, con toni drammatici in cui Kennedy sfodera la sua classe. Su The Uninvited mescoliamo un po’ di Shinedown e Tools, i riff si spargono veementi su Peace is Broken, Farther than the Stream, Cry a River e Calm the Fire. Waters Rising ha più ritmo del lentone citato prima, All Ends Well è un po’ inusuale rispetto allo spirito spaccatimpani dell’album nonostante il bel ritornello.
Se si parte dall’esordio discografico di One Day Remains, nell’arco di quattro album siamo passati ad un sound sempre più incazzoso, duro e pesante, confortato da linee vocali che rimangono sempre limpide e orecchiabili e non scolorano nei riffoni impestati. La band disco dopo disco ha appesantito il suo sound tanto da essere definita da più parti i nuovi Metallica, considerando l’evoluzione del metal moderno. Sì, esagerano nel confronto, ma siamo ormai di fronte a dei professionisti che centrano ogni colpo ad ogni uscita, cosa non da poco con la crisi del mercato discografico, anche se non abbiamo le milionarie vendite dei Creed.
L’epica Fortress sugli otto minuti dà il titolo a questo album e conclude le dodici tracce restituendoci un lavoro corposo, massiccio, bello carico di cavalcate sonore in un susseguirsi di riff e tiri bestiali, melodie malinconiche e tenebrosi chiaroscuri. Sommando Blackbird, questo quarto album è ad oggi il miglior biglietto da visita degli Alter Bridge, per chi ne ha sentito parlare ma non ha mai ascoltato nulla a riguardo. Non c’è nemmeno bisogno di passare lo straccio sulle casse dello stereo, basta la loro musica per scuotere la polvere.
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