Ray Manzarek and Robby Krieger of The Doors
Roma, Ippodromo Le Capannelle, Rock in Roma, 10 luglio 2012
live report
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Precisiamo fin da subito: i Doors senza Jim Morrison non sono i veri Doors.
Tuttavia in molti sono giunti nella capitale trascinati dalla curiosità o comunque dai sentimenti che li legano la band californiana. Forse è come andare a vedere Peter Hook che suona i suoi Joy Division senza Ian Curtis, o Roger Waters che senza i Pink Floyd ripropone il suo The Wall.
Sta di fatto che il 10 luglio sul palco del Rock in Roma c’erano due dei quattro componenti originali, vale a dire Ray Manzarek e Robby Krieger; non scordiamoci che il primo è (forse) il più grande tastierista della storia del rock, ed il secondo è uno fra i più grandi chitarristi (peculiare è il suono latino-hawaiano del suo strumento).
Il resto della band ad accompagnare i due membri originali sono Phil Chen (basso), Ty Denis (batteria) e Dave Brocke che sostituisce il compianto Jim Morrison alla voce: ruolo non facile (quasi impossibile) e parecchio scomodo per chiunque. E’ facilissimo infatti cadere nella più misera e becera imitazione del re lucertola. Tuttavia Brocke si dimostra molto capace a superare gli ostacoli che questo ruolo comporta non andando ad infossarsi sui tipici atteggiamenti teatrali di Morrison. Si ha comunque l’impressione il più delle volte di avere davanti il vero Jim; sarà per la loro straordinaria somiglianza fisica e vocale, ma il più delle volte il buon Brocke ci fa illudere e sognare: si tratta però di un piacevole inganno.
Sono le 9:45 e sulle note dei Carmina Burana inizia lo spettacolo. All’annuncio “ladies and gentlemen, from Los Angeles California, Ray Manzarek and Robby Krieger from The Doors!” il pubblico impazzisce: parte il riff di Roadhouse Blues.
Krieger sfoggia dei pantaloni kitsch con i colori della bandiera americana, mentre Manzarek entra in scena con una camicia bianca ed i consueti occhiali. Il pubblico è visibilmente caricato: il pezzo è una scarica d’adrenalina che infiamma tutte le cellule del corpo.
Il brano successivo (Break On Through) non è da meno e contribuisce all’euforia generale, con le persone che saltano, ballano e cantano a squarciagola il ritornello. When The Music’s Over è un altro dei vertici della serata, e che, a detta di Manzarek, piaceva tanto cantare al povero Jim.
Solo due le canzoni tratte da L.A. Woman: l’omonima traccia e Riders On The Storm. Quest’ultima trasporta il pubblico in un viaggio psichedelico senza fine, grazie ad i toni pacati e le tastiere magistralmente suonate da Manzarek, peraltro sempre chino sul suo strumento durante le esecuzioni.
Il gruppo è in buona forma e la sintonia è ottima, anche con il pubblico: l’unica nota negativa è stata quando Manzarek e Brocke tra una canzone e l’altra hanno ripreso i fan, chiedendo di non spingere per non creare problemi a chi era vicino alle transenne. In un certo senso sono riaffiorati alla mente i fantasmi del concerto del Pistoia Blues dell’anno scorso, quando nel bel mezzo di When The Music’s Over il gruppo ha sospeso il concerto per evitare conseguenze tragiche.
Prima di partire con la spumeggiante Touch Me, Ray invita tutti di tornare a casa e fare l’amore con il proprio partner, nel puro spirito peace & love degli anni ’60.
Dopo L.A. Woman, peraltro accolta da una fragorosa ovazione, i Doors abbandonano il palco salutando i fan. Ma qualche minuto più tardi i cinque tornando con il pezzo che non può mancare mai in un loro concerto, essendo anche la canzone più famosa del gruppo: è allora la volta di Ligh My Fire, scritta da Robby Krieger e completata da Morrison stesso. Gli assoli di tastiera e di chitarra sono uno spettacolo per le orecchie dei 3000 dell’Ippodromo: momento clou è quando Manzarek poggia il piede destro sui tasti e ondeggia con le mani come per farsi adorare.
Il pubblico in visibilio al termine della performance (unico encore) chiede a gran voce altre canzoni, ma i Doors (o quello che ne rimane) si inchinano insieme e ringraziano i calorosi fan accorsi a Roma per vedere due degli eroi degli anni ’60 (e di tre generazioni).
Ottima quindi la scaletta, pur mancando alcuni classici come The End, ma che comunque non avrebbe senso riproporre con un cantante che non sia Jim Morrison. Il pubblico romano ha potuto apprezzare Riders On The Storm (una delle più emozionanti dal vivo), che non è stata suonata la sera dell’8 a Milano. Al posto di questa, i Doors avevano infatti proposto il flamenco di Spanish Caravan. Inoltre nella setlist romana, identica nelle due serate ma ordinata diversamente, in più è stata inserita Love Me Two Times.
I Doors hanno riproposto in un ora e mezza i brani che li hanno fatti diventare dei pilastri della musica rock: il tutto suonato con la passione e la spontaneità dei loro sessanta e passa anni. Certo si può anche condividere la scelta di chi non è corso al concerto per la mancanza del carismatico Jim Morrison, ma chi non c’era si è perso comunque qualcosa che difficilmente ricapiterà nella vita. L’atmosfera, la magia, la tastiera di Manzarek, la chitarra di Krieger, e la voce e la presenza di Brocke danno la sensazione a tratti di essere tornati nei mitici anni ’60: l’illusione come già detto è piacevole… la realtà è che comunque ci si è trovati di fronte a due mostri sacri della musica.
SETLIST:
Intro: Carmina Burana
1 – Roadhouse Blues
2 – Break On Through (To The Other Side)
3 – Five To One
4 – When The Music’s Over
5 – People Are Strange
6 – Alabama Song (Whisky Bar)
7 – Back Door Man
8 – Peace Frog
9 – Love Me Two Times
10 – Riders On The Storm
11 – Touch Me
12 – L.A. Woman
encore:
13 – Light My Fire
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