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Racer Café: recensione disco omonimo

Racer Cafè è un posto dove incontrare musicisti come Castellano e Rojatti, un album per ispirarsi, un viaggio nel virtuosismo chitarristico italiano. 4 tracce sembrano poche, ma non in questo caso

Racer Café

s/t

(Red Cat records)

heavy metal

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Se i nomi di Giacomo Castellano e Gianni Rojatti non vi dicono nulla, ecco l’occasione giusta per colmare questa lacuna.

L’incontro tra i due chitarristi italiani, sotto il nome di Racer Café,  ha prodotto un Ep davvero potente, che ogni amante del virtuosismo chitarristico non può farsi scappare.

Entrambi i musicisti vantano grande esperienza e un curriculum ricco di collaborazioni con colleghi italiani e stranieri.

Se pensando a Castellano vi verrà subito in mente il suo metodo per chitarra heavy metal, senza parlare di tutti gli artisti italiani che sono stati sostenuti dalla sua sei corde,  Rojatti vanta collaborazioni con artisti quali Paul Gilbert e Pat Torpey dei Mr Big.

Adesso che ci siamo fatti un’idea degli attori sul palco, è ora di parlare della loro musica.

Le 4 tracce di Racer Cafè sembrerebbero poche, se si trattasse di un’altra band. Il materiale in questione, invece, presenta un tale numero di idee, che basterebbe a riempire 4 album.

Brani esclusivamente strumentali, come si poteva presumere, che calano il virtuosismo proprio del guitar hero in un ambiente metal, sfumato da un misurato gusto pop.

Traccia esemplificativa è Artifackt, dove  suoni pesanti si sposano alla perfezione con puliti e intricati passaggi di chitarra.

In Sagatava, invece, tutto diventa nervoso, serrato, complice anche un’incessante lavoro del basso. In questa fitta trama s’insinuano macchie fluide, fatte di larghe pennate e suoni languidi, creando un quadro estremamente ricco e ben amalgamato.

Album come questi aiutano a ricalibrare le proprie aspettative. È come se, dopo numerose visite a graziosi mercatini artigiani, vi trovaste finalmente a parlare con un mastro artigiano, che non solo conosce il mestiere come se lo avesse inventato lui, ma che riesce a creare lucide connessioni con tutti gli altri campi a lui tangenti. Un album per tornare con i piedi per terra, e capire che certe cose sono per pochi, volenterosi mortali.

 

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Dafne Perticarini
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