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Primo Maggio Tutto l’Anno Compilation 2008

Il panorama musicale indipendente della nostra penisola, ci offre un numero considerevole di spunti interessanti da cui partire, spesso ricucendo le tradizioni musicali popolari sugli stili consolidati d'oltr'alpe ed oltreoceanoci: il risultato non sempre è soddisfacente ma comunque stimoltante per le produzioni future

AAVV

Primo Maggio Tutto l’Anno Compilation 2008

(Cd,

canzone d’autore, folk, rock, ska, etno, …

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primo-maggio-2008L’ascolto critico di una compilation non è di certo un impresa da poco.

Qualora poi gli artisti in questa contenuti siano degli emergenti, rende tutto ancora più delicato e complesso. Bisogna avere tatto, interpretare ogni brano come fosse un full lenght, è un lavoro rischioso: si parla pur sempre delle dodici canzoni selezionate per la finale nazionale del “Primo Maggio Tutto l’Anno 2008” (per farla breve: gruppi vincenti di un importantissima rassegna.)

In cima alla playlist sono collocati i brani dei tre gruppi vincitori, che hanno aperto il concerto del primo maggio 2008 a piazza San Giovanni, Quel po di logica, di Chiazzetta, è, nello specifico, la open track. E’ uno ska punk, quello del punk autore laziale, spensierato e gradevole che strizza l’occhio a gruppi come Bisca e Matrioska, riuscendo comunque a mantenere intatta la propria identità. Il pezzo scivola via veloce senza lasciare grandi spunti di riflessione, in fondo: it’ only rock’n’roll.

Seguono i Jang Senato con l’irriverente Lamericano. I cinque ragazzi romagnoli musicalmente si sitauno dalle parti di Baccini, Dè Andrè  e tanta Bandabardò, pur senza raggiungerne la stessa autorità emotiva. Belle le rime, orecchiabile la melodia, interessante il testo ma povera la caratterizzazione: l’aspetto recitativo che un certo tipo di canzone per necessità richiede. Vien comunque voglia di riascoltarla.

Che l’aria di Puglia negli ultimi anni sia foriera di gruppi interessantissimi lo si era intuito dal grande successo dei Negramaro: i Jolaurlo non screditano questa tesi. La loro In Movimento, tribale e danzereccia quanto basta, è con il suo ritmo a-la The Killers tra le canzoni più belle della compilation. Peccato per la voce, impeccabile certo nell’intonazione, ma che lascia comunque l’impressione di non essere perfettamente in amalgama con il sound della band. Sarà colpa della registrazione?

Alessandro Mancuso, cantautore siciliano , si presenta con la sua All’Università, canzone ben prodotta, ma povera di contenuti. Il suo personalissimo stile, un mix riuscito di folk, hip hop ed rock lascia purtroppo spazio ad una melodia ridondante e ad un testo confuso e qualunquista. Per la  serie “quando la ribellione sa di essere fine a se stessa”. Davvero un peccato.

Riuscireste ad immaginare gli Afterhours suonare le canzone dei Jimmy Eat the World in italiano? In caso di risposta negativa (ma perché no, anche positiva) vi suggeriamo di dare un ascolto ai Gardenya, pugliesi (guarda un po!…) nella playlist al numero 5 con con Ho Voglia di Perdermi: in contro-tendenza, ma questa volta è un bene.

I Rein, invece, sarebbero forse piaciuti a Sergio Leone. Grandtour è un buon folk etnico dal sapore country-western, un po Guccini, un po’ Goran Bregovic un po’ Litfiba e, di nuovo, tanta Bandabardò.

I Macrosbanda si caratterizzano per i toni surreali, i Radiobabylon per uno ska-reggae ben suonato e ancor meglio arrangiato, i Musicofilia non rinunciano al loro dialetto calabrese e i Senegal Ritmo suonano esattamente come il loro nome farebbe sospettare.

Ci si domanda, senza nulla togliere ai vincitori, come mai ZogaroS, cantautrice umbra, non abbia calcato il palco della manifestazione di Piazza San Giovanni. La sua Graces è brano d’intensità e profondità nettamente superiori alla totalità dei brani presenti nella compilation: una ballad struggente, melodiosa e delicata come seta, impreziosita dalla buona voce e dalla bella interpretazione della performer umbra, vagamente ispirata a Norah Jones. Un brano da custodire, in ogni caso.

Il panorama musicale indipendente della nostra penisola ci offre un numero considerevole di spunti interessanti da cui partire, spesso ricucendo le tradizioni musicali popolari sugli stili consolidati d’oltralpe e d’oltre oceano: il risultato non sempre è soddisfacente, ma comunque stimoltante per le produzioni future. In un universo cosi variegato di stili, tecniche e contaminazioni, ci si continua a domandare, tuttavia,  come mai quasi la metà della compilation sia colonizzata da un genere che, in diverse misure, può comunque ricondursi al folk-etnico.

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