Primavera Sound Festival
Barcellona, Spagna, Parc del Forum, 27 maggio 2011
live report
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Siamo tutti indignati.
L’indignazione è, seppure fatte le debite proporzioni, lo stato d’animo comune al Parc del Forum oggi.
Indignazione per essere costretti a fare un’altra lunga fila per riaver il denaro indietro, caricato su tessere magnetiche non funzionanti, ma – soprattutto – indignazione per l’operato della polizia catalana e del Governo spagnolo nei confronti degli Indignados, i precari (e non solo) spagnoli che stanno dando una nuova forma alle proteste di piazza e che sono stati violentemente pestati a forza di manganelli. Prestissimo si sparge al festival l’eco delle cariche della polizia a Plaza de la Catalunya e in un batter d’occhio il Forum è tutto un fiorire di cartelli di solidarietà col movimento iberico.
E anche gli artisti, un po’ tutti, non saranno da meno, dedicando i loro spettacoli agli Indignados e/o innegiando alla Spanish Revolution.
Vamos a explosionar el cielo.
È la frase con cui, in uno spagnolo semplice ma comprensibile, gli Explosions in the Sky hanno iniziato il loro set. Nonostante si sforzino a più non posso di sgombrare il campo dai soliti paragoni con i Mogwai, i texani fanno quello che gli scozzesi faranno poco domani, ovvero hanno caricato la folla con un’esplosione di tre chitarre, basso e batteria, a rendere sempre vivo un post-rock che di implodere (come vorrebbero i suoi detrattori) proprio non vuol sapere e stasera, invece, letteramente esplode sulle tracce di Take Care, Take Care, Take Care, l’ultima fatica degli Explosions in the Sky, appunto (Voto 4/5).
Ma qui eravamo già a notte fonda, e tanto altro era già successo. Per noi il pomeriggio era iniziato con i Monochrome Set; la leggenda del post-punk/wave si riforma al gran completo, ma il giochetta non funziona: la musica è davvero troppo datata e i “nostri” fanno fatica ad andare d’accordo, avendo serie difficoltà di amalgama. Una pena. E la palma del concerto più brutto visto al Primavera Sound 2011 (Voto: 0,5/5).
Per James Blake si raduna una folla mostruosa, a sottolineare ancora una volta come ci siano stati dei seri errori di valutazione nella programmazione e nella divisione in palchi. La voce soul di Blake zittisce tutti e il suoi suoni minimali, i suoi ritmi spezzati e “micro” non fanno altro che far maggiormente… arrivare sulla platea l’eco di M. Ward, che si sta esibendo sul palco San Miguel! Grande rabbia per un’occasione sprecata (per noi) ma James Blake, 22 anni e già una star planetaria, non si lascia abbattere e continua a impreziosire i brani del suo ultimo lavoro con nuove sfumature vocali. Ci sarebbe piaciuto a tarda notte, come una specie di ninna nanna, magari giusto prima dell’alba, ci sarebbe piaciuto ascoltarlo senza troppi disturbi e anche un po’ più comodi, ci sarebbe piaciuto… ma tant’è (Voto: 4/5).
Come gli ebrei nel deserto d’Egitto, attraversiamo tutto il Parc del Forum per recarci all’affolatissimo Llevant Stage per la performace dei National. Non essendo stato mai un grande estimatore della band americana, mi sono avvicinato a questo concerto con sano spirito di curiosità più che l’animo del fan. E i National mi hanno piacevolmente stupito. Seppure le loro canzoni sono sempre piacevoli, spesso ben fatte, ma mai geniali, il loro spettacolo è stato di grandissima classe, suonato ottimamente, arrangiato a base di robuste chitarre e con gli orpelli di una piccola sezione di fiati, carismatico quanto basta e – soprattutto – dispensatore di tante belle emozioni. Davvero bravi. E con un cameo di Sufjan Steven che sale sul palco per cori e tamburello in un brano. Mi toccherà riprendere in mano i loro dischi alla luce di un concerto pressoché perfetto (Voto 4,2/5).
Per i Low arriva un vero e proprio bagno di folla. Il loro slow-rock (che dieci anni fa chiamavamo rock narcolettico) è una proposta difficile, specie in un ambito festivaliero, ma il Primavera Sound non è un festival come tutti gli altri e il pubblico tiene sempre e comunque un livello di attenzione alto (chiacchiericcio continuo degli spagnoli a parte). Esibitisi per pochi intimi l’anno scorso all’Auditorium, dove presentarono per intero The Great Destroyer, quest’anno riempiono tutto lo spazio Atp con le canzoni del loro recente C’Mon, condite da qualche pezzo del repertorio del passato prossimo della band. Il loro concerto è un’esperienza dolorosa ed estatica, una proposta musicale ipnotica, che parte dalle radici del blues per piegarle fino a farle diventare una moderna rappresentazione delle fratture dell’animo umano (Voto 4,5/5).
Degli Explosion in the Sky vi abbiamo già raccontato. E del fatto che ieri in giro per il festival c’erano Jarvis Cocker, pronto a farsi fotografare con i fans, e Kazu Marino in compagnia di uno dei gemelli Pace (Blonde Redhead), praticamente non riconosciuti da nessuno? Ve l’avevo già detto? Che Kazu sia qui perché ha partecipato al disco dei Battles (di cui più tardi perderemo il live per stanchezza)? O per semplice curiosità?
Ad ogni modo, il record i sempre di presenze al Primavera Sound, 43.500 persone, è tutto per Cocker e soci, ovveo i Pulp, riuniti al gran completo dopo quasi dieci anni di attività. E quella di stasera è ufficialmente la prima del reunion tour 2011, che infiammerà parecchi festival europei (Italia esclusa, ovviamente). In realtà i Pulp hanno fatto una specie di prova generale col pubblico a Tolosa, ma era una cosa riservata ai fans più accaniti. L’Escenario San Miguel si riempie all’inverosimile, i Pulp salgono sul palco e… cominica la festa. Cocker, bicchiere di vino d’ordinanza in mano, dialoga molto con la platea, ovviamente parlando anche della crisi spagnola e dei movimenti di piazza, ma dimostra soprattutto di essere un leader carismatico in grado di saper fare quello che vuole col suo pubblico, anche se la band cerca di dare il suo meglio con una specie di greatest hits, ma non tutto sembra ben oliato e probabilmente gli vorrà ancora qualche concerto per arrivare al massimo del suo potenziale (Voto 3,5/5).
Personalmente ai festival cerco di non farmi mancare nulla, un’esperienza techno compresa. E quest’anno tocca ai Simian Mobile Disco deliziarmi digitalmente. Il loro spettacolo (con un fantastico light show) è sottolineato come “live”, anche se Ford e Show corrono da una parte all’altra del loro semicerchio di macchinari più che altro per regolare effetti, mentre il grosso arriva da un Mac con Ableton Live. Poco male. La loro techno è comunque divertente, cita tutto il citabile dal pop fine ‘80 / ‘90 e permette al pubblico di scatenarsi in una danza liberatoria sin dalle prime battute (Voto 3/5).
Le gambe che sembrano prese a bastonate per la stanchezza, ci avviamo verso l’uscita e diamo giusto una sbirciatina al concerto dei Battles: il Ray-Ban è strazeppo e i tre pestano come dannati, ma a giugno saranno a Roma e lì non mi sfuggiranno. Ora il richiamo del letto è più seducente di quello di una sirena.
La prima parte del live report.
La terza parte del live report.
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