Primavera Sound 2016
2 – 4 giugno, Barcellona, Parc del Forum
live report
_______________
Circa 200.000 metri quadri di superficie, 12 milioni di euro di costo di produzione, circa 400 concerti (di cui un centinaio offerti gratuitamente alla città), oltre 200.000 spettatori provenienti da 142 nazioni (e di cui il 48% spagnoli e il 52% stranieri, con gli italiani assestati subito dopo gli inglesi), 11 i palchi allestiti dentro il Parc del Forum: il Primavera Sound Festival 2016 appena conclusosi a Barcellona è arrivato al suo apice, ma gli organizzatori non si scompongono e già stanno lavorando per fare di più e di meglio per il 2017.
Al di là dei freddi numeri, però (che a confronto alle manifestazioni nostrane tanto freddi non sono) il Primavera Sound di Barcellona è una sospensione spazio-temporale in cui gli appassionati di musica in (quasi) tutte le sue declinazioni s’immergono perdendosi fra concerti giganteschi e proposte più o meno di nicchia, maledicendo le immancabili (e dolorose) sovrapposizioni, armandosi di scarpe comode (quest’anno da un capo all’altro del festival la distanza era di 1,4 km!) e preparandosi programmi personali che immancabilmente vanno a farsi benedire per le più svariate ragioni.
Chiacchiere a parte, passiamo subito alla musica.
È stato, senza se e senza ma, l’anno dei Radiohead. Unica band a cui sono state concesse due ore di concerto (agli altri headliners è toccata un’ora e mezza). Hanno aperto con 5 brani di fila tratti dal loro nuovo album, A Moon Shaped Pool, per poi affrontare il loro passato e raggiungendo l’apice dell’emozione con No Surprises, Karma Police e Creep, quest’ultima aggiunta in scaletta all’ultimo momento (alcune delle set-list sono in coda a questa pagina). Perfetti, troppo perfetti, si sono prodotti in cambi di tempo in scioltezza e altre raffinatezze, ma raramente si sono lasciati andare a qualcosa che non fosse calcolato millimetricamente. Suonare davanti a più di 50.000 persone in estasi non è uno scherzo, ammutolirle… nemmeno. Anche il pubblico spagnolo, notoriamente chiacchierone e rumoroso, ha dovuto cedere all’estasi della perfezione e a una clamorosa mancanza di decibel. In conferenza stampa ho chiesto personalmente all’organizzatore del festival cosa fosse successo (anche perché l’impianto del palco, pur fra alti e bassi qualitativi, ha comunque dato prova di una potenza di fuoco notevole): mi ha risposto che è stata una decisione del tecnico del suono dei Radiohead (!?!?). [I Radiohead hanno suonato venerdì 3 giugno].
La mia personalissima palma d’oro va al concerto dei Sigur Rós, quasi in chiusura di festival, sabato 4 giugno. Ormai un trio a tutti gli effetti, in questo tour appena iniziato non hanno sul palco nessun musicista aggiunto. Con una scenografia sofisticatissima (più di quella dei Radiohead) e dei visual di rara bellezza, Jonsi e soci hanno iniziato coperti da una fitta trama metallica e di proiezioni, ben nascosti e tutti alle prese con macchine elettroniche. Una inedita Ovedur e una Staralfur in salsa glitch lasciano tutti di stucco. Anche Saeglòpur inizia in versione elettronica, salvo poi far scendere i “nostri” in postazioni più consuete e far proseguire il concerto con brani vecchi ma in vestiti di nuovo, compresa una Festival quasi irriconoscibile. Fra liquidi magmatici, foreste in fiamme, fumi gassosi e un trionfo di luci e immagini evocative, i 90 minuti di concerto si concludono con la potentissima Poppagid (Untitled 7). Poco preciso il batterista in almeno 3 occasioni, comunque protagonisti di un concerto estatico, i Sigur Rós sono probabilmente in una fase di transizione in cui il futuro è meravigliosamente incerto.
PJ Harvey (in programma giusto prima dei Sigur Ros) presenta per la prima volta alla sterminata platea di un festival il suo nuovo The Hope Six Demolition Project. E lo fa con una vera e propria banda, più che con una band rock. Lei stessa suonerà il sax in diverse occasioni. Il risultato è un concerto elegantissimo, non particolarmente energetico, in cui PJ Harvey ha dimostrato di essere in grandissima forma e di (ri)affrontare il suo passato musicale senza troppi demoni in mezzo. Certo, le canzoni dell’ultimo album non sono proprio tutte indimenticabili, ma in questa versione suonano davvero bene.
Dopo tanti anni d’assenza, sono tornati sulle scene gli LCD Soundsystem. hanno proposto praticamente un greatest hits e chissà se è solo un modo per fare cassa o se si tratta di un preludio a un nuovo album. Sia come sia, James Murphy è in primo luogo un apprezzatissimo produttore (oltre che un discografico) e ha una cultura musicale immensa; gli LCD Soundsystem diventano così una specie di tritatutto in cui finiscono citazioni dei Kraftwerk e di un po’ tutta la storia del funk, divertendo da headliners del primo giorno, giovedì 2 giugno, i 55.000 per Primavera Sound.
Kiasmos e Moderat, ovvero due mondi distanti anni luce di affrontare l’elettronica. I Kiasmos sono islandesi e sono autori di un dischetto assai piacevole. Peccato che il loro live set è un vero e proprio fake, col duo dedito a mossette, zompetti e qualche girata di manopole.
Tutt’altro discorso per i Moderat, freschi di III. La loro IDM dal vivo è prodotta essenzialmente da sequencers manipolati in diretta, oltre che da qualche altro marchingegno. Con i due Modeselektors fissi alle macchine e Apparat impegnato in voce + chitarra + macchine, il risultato è elettronico-organico quanto basta. Oltre che con dei visual sofisticati alle spalle, l’impianto del mega-palco su di cui si sono esibiti (lo stesso dei Radiohead) ha prodotto generose dosi di bassi tellurici che hanno mandato in visibilio i tantissimi presenti, immortalati dalla foto ricordo che ha scattato la band alla fine.
Il primo giorno, però, c’è stato anche tanto altro. A cominciare dal concerto dei Daughter. Il loro album ha insistentemente accompagnato i mie ascolti invernali, nonostante non si tratti di chissà quale proposta innovativa. Le coordinate musicali, infatti, vanno da Cat Power agli XX, passando da altre influenze dream pop in ordine sparso, ma il risultato è sempre e comunque emozionante. Elena Tonra, di cui il terzetto Daughter (sul palco in 4) è l’estensione di quello che era iniziato come un progetto solista, è timidissima e non riesce a guardare la sterminata platea che – a dispetto dell’apparente fragilità degli acquarelli musicali che sono le loro canzoni – gli tributa applausi convinti. Davvero bravi. Con due album alle spalle già alle spalle ci aspettiamo ancora tantissimo da loro.
Floating Points altro non è che il nome d’arte del neuro-scienziato britannico Sam Sheperd. Dal vivo o in studio o alla consolle come Dj sembrano tre cose diverse. In studio prevalentemente elettronico, alla consolle divertente/divertito/colto, il live set lo affronta con una vera e propria band. Lui alle prese con tastiere e macchine, gli altri persi tra arrangiamenti jazz e progressive. Il risultato è tanto geniale quanto decisamente troppo cerebrale, soprattutto per la platea di un festival che – invece- è spesso in cerca di emozioni forti.
John Carpenter (classe 1948!) non è solo un cineasta di culto, ma da sempre anche un musicista, anche se prestato alle sue stesse colonne sonore. Stasera arriva con una band rock in senso stretto: chitarra, basso, batteria, il figlio ai synth e lui a fare da maestro di cerimonia e alle prese con una piccola tastiera. A dispetto dei recenti Lost Themes I e II (i suoi primi due dischi non di colonne sonore), quello di stasera è un vero e proprio concerto per cinefili, con i temi principali delle sue colonne sonore (anche degli ingiustamente perduti Essi Vivono e Il Signore del Male), incattiviti dalla band. Lui racconta aneddoti, mastica il chewing gum senza sosta, raccoglie una vera e propria ovazione per il tema di Halloween (che nasce come una sorta di esercizio su tempo 5/4) e omaggia Morricone, che per lui ha scritto il main title di La Cosa. Alla fine dice: volevo raccomandare a tutti stasera, quando tornare a casa, di guidare con prudenza perché… Christine è là fuori. Grandissimo.
Vidi le Savages su un palco secondario proprio al Primavera Sound. Venerdì invece hanno suonato davanti a una platea sterminata sul palco principale. Il loro post-punk è robusto quanto basta. Camille Berthomier aka Jehnny Beth è un vero e proprio animale da palcoscenico e sopra le assi non resiste a lungo, producendosi in diversi stage diving che mandano in tilt la security. Il loro concerto è al fulmicotone.
I canadesi Suuns sono bravissimi nella loro nervosa miscela di art rock dissonante e dark electro. Per nulla intimoriti dalla consapevolezza di essere autori di una miscela musicale per niente adatta alle masse, affrontano in scioltezza il palco Primavera e regalano un concerto tesissimo, pensato per i club ma che funziona benissimo anche in un ben più dispersivo festival.
Che altro? In realtà di concerti ne ho visti anche tanti altri (alcuni solo assaggiati), ma tanto ormai l’avete capito: il Primavera Sound Festival di Barcellona è un evento imprenscindibile per ogni buon appassionato che si rispetti. E per il 2017 le date da mettere in agenda sono 31 maggio – 4 giugno.
Set list – scaletta concerto Radiohead al Primavera Sound 2016
Set list – scaletta concerto dei Sigur Ros al Primavera Sound 2016
Set list – scaletta concerto LCD Soundsystem al primavera Sound 2016
Set list – scaletta concerto di Pj Harvey al Primavera Sound 2016
Set list – scaletta concerto dei Moderat al Primavera Sound 2016
Set list – scaletta concerto di John Carpenter al Primavera Sound 2016
Set list – scaletta concerto dei Suuns al Primavera Sound 2016
Gli ultimi articoli di Massimo Garofalo
- Platonick Dive: recensione di Take A Deep Breath - October 23rd, 2024
- Francesca Bono: recensione di Crumpled Canva - October 17th, 2024
- Permafrost: recensione di The Light Coming Through - October 15th, 2024
- Visor Fest 2024 (dEUS, The Charlatans, The Mission, Kula Shaker...): ecco com'è andata - September 30th, 2024
- Monolake: recensione di Studio - September 27th, 2024