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Porcupine Tree: recensione di Closure / Continuation

Tornano i Porcupine Tree col nuovo Closure / Continuation: è un Discone, con la maiuscola. Elegante, suonato meravigliosamente, compiuto e attentissimo a ogni dettaglio.

Porcupine Tree

Closure / Continuation

(Sony Music)

post-progressive, psichedelia

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Dopo una dozzina di anni d’assenza, sono tornati i Porcupine Tree e Closure / Continuation è il loro – attesissimo – ultimo disco (uscito in Hi-Res Audio, BluRay, CD e Vinile).

Ottobre 2010: i Porcupine Tree suonano in una Royal Albert Hall esaurita in ogni ordine di posti il loro ultimo concerto. Steven Wilson è deciso a mandare avanti la sua carriera solista, alternata alla sempre più richiesta attività di tecnico del suono sia per nuove registrazioni e sia per operazioni di remastering multi-canale. I Porcupine Tree vanno a finire nel congelatore, c’è chi dice sciolti per sempre, c’è chi si augura solo in pausa.

E invece Steven Wilson e il batterista Gavin Harrison occasionalmente continuano a registrare, con calma. Molta calma. Per dieci anni. Questi materiali vengono poi dati in pasto a Richard Barbieri, che ci mette il suo e aggiunge nuovi spunti che vengono poi ulteriormente rielaborati in studio. Il tutto viene portato a compimento durante i vari lockdown e tirato fuori solo quando i nostri sono stati ragionevolmente certi di poter proporre Closure / Continuation anche dal vivo (cosa che in Italia accadrà a ottobre per un unico concerto). Nel frattempo il bassista Colin Edwin è andato per la sua strada e ora lo troviamo negli O.r.k.

I Porcupine Tree se la sono presa comoda e costringono anche l’ascoltatore a fare altrettanto, ignorando qualsiasi regola di minutaggio, aprendo il disco con il brano che è stato che è stato anche il primo singolo, gli 8 minuti di Harridan. 8 minuti che sono anche un manifesto programmatico di quello che accadrà nell’album.

Cambi di ritmo, cavalcate progressive old school, aperture alla psichedelia floydiana, violente sfuriate di chitarra quasi post-metal, intermezzi acustici. Insomma, tutto l’armamentario tipico dei porcospini e dei vari generi che vanno sincreticamente a far incontrare. In realtà c’è anche spazio per una sperimentazione elettronica, Walk the Plank, più d’effetto che di sostanza e forse retaggio (unico brano) della deriva elettronica dello Steven Wilson solista ultima maniera.

Closure / Continuation è un Discone, con la maiuscola. Elegante, suonato meravigliosamente, compiuto, attentissimo a ogni dettaglio, in cui la già citata Harridan è il classico mutaforma, Of The New Day è fatta di una pasta psichedelica come non si usa più, Dignity è un sentito e riuscito omaggio ai Pink Floyd, Rats Return farà impazzire tutti i batteristi in erba col suo trionfo di tempi complicatissimi, giochino a mio avviso riuscito ancor meglio in Chimera’s Wreck (il brano più lungo dell’album, 9 minuti e 40 secondi).

Cos’è allora che ho in punta di mouse e che non mi fa sperticare d’entusiasmo? Prendiamo per esempio Population Three. È Brutta? Niente affatto. Ma è l’emblema di quest’album. Ovvero prevedibile nelle sue continue sorprese. Avete presente quando state per dire…. Ecco. Ora arriva la sorpresa! Così. Salvo che la sorpresa – vivaddio – ogni volta riesce ad essere imprevedibile nella sua natura, ma purtroppo continua ogni volta a rimanere prevedibile nella sua collocazione.

 

Closure / Continuation è un disco che esce in piena epoca di streaming, non certo di ascolti casalinghi, in religioso raccoglimento, di album di 65 minuti. Ma qui arriva la zampata di genio di Wilson. Ogni singolo brano funziona benissimo da solo, ma inserendolo nel suo contesto naturale, la sua posizione nell’album, assume un senso diverso e maggiormente compiuto. Come dire: soddisfo gli adulti che concederanno del tempo all’ascolto dell’album, e… hai visto mai che qualcuno di più giovane, tra tra uno skip e una playlist algoritmica di Spotify non riesca anche lui ad appassionarsi al culto del porcospino?

Il genio tecnico e tecnologico di Steve Wilson non deve però trarre in inganno: pur essendo un musicista migliore di quanto non lo sia come paroliere, ha un cuore grande così che esce fuori in ogni cambio di accordi e non riesce a nascondersi sotto la magniloquenza di brani come Herd Culling.

Negli ultimi anni, diverse volte Steven Wilson aveva dichiarato che far rivivere i Porcupine Tree non era nei suoi progetti. Ma ora i nostri ci sono, ben presenti con quello che senza se e senza ma è un ottimo album (non perfetto, ma comunque di un livello qualitativo molto alto). E la fame di vedere la band riunita dal vivo è tantissima.

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Massimo Garofalo
Massimo Garofalo

Critico cinematografico, sul finire degli anni '90 sono passato a scrivere di musica su mensili di hi-fi, prima di fondare una webzine (defunta) dedicata al post-rock e all'isolazionismo. Ex caporedattore musica e spettacoli di Caltanet.it (parte web di Messaggero, Mattino e Leggo), ex collaboratore di Leggo, il 4 ottobre 2002 ho presentato al cyberspazio RockShock.
Parola d'ordine: curiosità.
Musica preferita: dal vivo, ben suonata e ad altissimo volume (anche un buon lightshow non guasta)

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