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Pinhdar: recensione di Parallel

Con questo ultimo tassello discografico, i Pinhdar sembrano aver definito la loro identità cantautorale attraverso un flusso caleidoscopico di parabole emotive e sonore dai forti contrasti visivi.

Pinhdar

Parallel

(Fruits de Mer Records)

goth wave, ambient gothic, atmospheric wave, dark folk, psych folk, synth wave, trip hop

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recensione PinhdarA distanza di due anni dall’esordio omonimo, i Pinhdar, duo italiano composto dalla cantautrice Cecilia Miradoli e dal polistrumentista e produttore Max Terenzi, mandano alle stampe il loro secondo album (registrato in remoto durante il lockdown) intitolato Parallel, edito per l’etichetta inglese Fruits de Mer Records, co-prodotto dal noto producer discografico scozzese Howie B (Björk, Massive Attack, U2, ecc.) e anticipato dall’uscita dei singoli Too Late (a big wave) e Parallel.

Gli otto brani della release, come otto istantanee sonore ed emotive del momento storico che stiamo vivendo e che vorremmo tutti lasciarci presto alle spalle, si muovono su percorsi paralleli e altrettanti piani geometrici sospesi e innaturali, mostrandosi in tutta la loro lacerante e inafferrabile infinitezza, dall’alto di quel rifugio contemplativo, di quella torre futuristica immersa nel verde smeraldo di acque limpide e torbide (come raffigurato nell’artwork a cura della visual artist Elisabetta Cardella), in cui confluiscono l’astratto e il tangibile.

Parallel è un disco che abbraccia un caleidoscopico spettro di influenze, sfumature, sonorità e contrasti visivi; un’opera che, da un lato, mette in risalto stratificazioni elettriche ed elettroniche, aperture melodiose, malinconiche, sognanti, sintetiche e neoclassiche darkwave, e dall’altro si impreziosisce con la vocalità suadente, evocativa, vellutata, magnetica e confidenziale di Cecilia Miradoli, da cui emerge un sommesso e soffocato grido di dolore, che avvolge e anima i solchi onirici di questa nuova produzione dalle forme atmosferiche poetiche, inquiete, flessibili, sciamaniche e armoniose.

La sfera concettuale di Parallel, fortemente ispirata dal lungo periodo di clausura forzata a causa della pandemia, attinge dal conflitto ancestrale tra salvezza e disperazione, dal dualismo tra calma e tempesta, tra dramma e favola, tra le ebbrezze di tormentate passioni: si susseguono sentimenti quali rabbia e speranza, che investono, come fossero tante grandi onde di Kanagawa, la fragilità degli esseri umani, condannati in eterno a inseguire certi orizzonti e a rotolare come granelli di sabbia sulle dune di questo spaventoso e sconfinato deserto, trascinandosi dietro l’angoscioso peso delle catene mentali e certe paure di memoria lovecraftiana.

Così, con questo ultimo tassello del loro mosaico compositivo dalla cornice elettronica ed elettroacustica e dal taglio cinematografico, la cantautrice Cecilia Miradoli e Max Terenzi (già insieme nel progetto Nomoredolls), forti del prezioso contributo di Howie B, sembrano aver definito l’identità cantautorale del binomio Pindhar, attraverso un avvincente flusso di parabole emotive e passando al setaccio, secondo la lezione junghiana, quelli che sono i meandri più cupi della psiche umana e dell’ignoto, cercando di non farsi inghiottire dall’oscurità di certi universi paralleli e scandagliando i fondali del subconscio, per poi puntare alla risalita e alla catarsi, lontano dalle scorie urbane e trovando nella musica l’unica via di fuga lenitiva.

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