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Pier Gonnella: recensione di 667

Pier Gonnella è un chitarrista e produttore di lungo corso e 667 - il suo secondo lavoro solista - scorre via che è un piacere e ti dà la voglia di riascoltarlo dopo che è terminato. Virtuosismo al servizio della canzone.

Pier Gonnella

667

(Diamonds Prod / MusicArt)

rock

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I dischi strumentali, soprattutto quelli realizzati da chitarristi virtuosi, sono sempre appannaggio di una fetta ristretta (e anche fanatica) di ascoltatori. Si preferisce, quasi sempre, la bravura del singolo musicista al formato canzone. L’importante, come nel caso dei guitar hero, è che si suoni alla velocità della luce e si cerchi di trovare assonanze con i “mostri” della materia, tipo Steve Vai, Eddie Van Halen o Malmsteen.

Fortunatamente nel caso di Pier Gonnella, chitarrista e produttore con una lunga attività musicale che include band e progetti come Necrodeath, Mastercastle, Labyrinth, Vanexa ed Odyssea, ci si muove su un campo leggermente diverso.

L’artista italiano, in questo 667, si diverte a suonare musica ad ampio raggio, saltellando da un genere ad un altro, ma cercando di mantenere intatto il tradizionale formato canzone.

Pur non essendoci un cantante, si capisce che tutto quello che viene suonato potrebbe essere tranquillamente cantato, in considerazione delle aperture melodiche che si possono trovare in ogni singolo brano.

Coadiuvato da Marco Pesenti alla batteria e Giulio Belzer al basso, Gonnella sfodera una prestazione compatta in cui riesce a toccare più generi, a partire dal blues iniziale di Margarita sino alle atmosfere rilassate tipiche di Joe Satriani che si trovano in Holy Water, una delle composizioni migliori del lotto.

L’album, alla fine dei giochi, scorre via che è un piacere e ti dà la voglia di riascoltarlo dopo che è terminato. Virtuosismo al servizio della canzone. Meglio di così, sinceramente, non si può fare.

 

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Francesco Brunale
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