Peter Hook and The Light
Roma, Atlantico Live, 18 febbraio 2014
live report
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Provo sempre dei sentimenti di ambivalenza davanti a serate come questa. Da una parte il timore di vedere definitivamente rovinato un ricordo che va al di là del mero romanticismo, dall’altra la voglia e il desiderio di rimettere il giusto tributo al Mito e alla Leggenda, nella fattispecie a Peter Hook e a quello che ci ha donato con le sue due creature principali, Joy Division e New Order.
L’effetto distonico della serata è amplificato anche dal fatto che c’è la prima serata di Sanremo (cosa di cui ovviamente non frega niente a nessuno degli astanti) e dalla morte il giorno prima di Bob Casale, chitarrista dei Devo, esponenti della new wave e post-punk dall’altro lato dell’Oceano proprio mentre “al-di-qua” si davano da fare Joy Division e New Order. Uno spettatore omaggia a modo suo il chitarrista scomparso indossando per tutta la serata il caratteristico copricapo rosso a vaso-rovesciato con cui si presentavano i Devo.
E’ con questo stato d’animo che entro nell’Atlantico Live di Roma per il concerto di Peter Hook and the Light performing New Order’s Movement and Power, Corruption & Lies.
Niente buona sera, bentrovati, grazie, prego. Niente di niente. Peter Hook e i suoi sodali (compreso il figlio, al basso) entrano quasi alla chetichella alle 21,45, davanti a un pubblico abbastanza attempato e non certo accalcato nella grande platea del club capitolino. La prima mezzoretta è tutta dedicata ai Joy Division, evitando come la peste le canzoni più facili, preferendo quelle più atmosferiche e facendo cominciare a bruciare di passione gli astanti con She’s Lost Control e Dreams Never End (quest’ultima in particolare eseguita con grande pathos). La giovane band funziona molto bene (solo il tastierista appare un po’ svogliato), il figlio Jack al basso non fa rimpiangere il padre, che invece è impegnato alla chitarra (o è un basso a sei corde?) e voce. Hook da parte sua s’esprime con una voce ben più simile a quella di Curtis di quanto aveva fatto il suo ex compagno di merende Bernard Sumner (con cui aveva fondato i Joy Division e i New Order e da cui s’è definitivamente separato nel 2007).
Dieci minuti di pausa e si torna sul palco per eseguire tutto, per intero, nell’esatto ordine dell’album, Movement, il disco che i New Order realizzarono immediatamente dopo la scomparsa di Ian Curtis.
Altri dieci minuti e poi Power, Corruption & Lies, per poi proseguire con i brani che ci fanno riconoscere i New Order come i Padri del pop elettronico, Temptation e Blue Monday su tutte, quest’ultima inspiegabilmente proposta in un single edit strumentale da una base, a palco vuoto e con luci da discoteca (!), mentre pochi giorni prima in Olanda è stata eseguita live.
Ancora una breve pausa e i “nostri” tornano sul palco per le indimenticabili Trasmission e Shadowplay; mentre praticamente tutto il concerto è stato (fin troppo) rispettoso delle versioni originali delle canzoni, proprio nel finale la band si lascia andare a vigorosi arrangiamenti. Shadowplay, in particolare, è stata proposta da Jack (il figlio di Peter) quando la band già stava lasciando il palco, ma non se lo sono fatti ripetere due volte e ci hanno fatto venire i brividi nonostante eravamo a oltre due ore mezza di concerto (!).
Inchino di rito e… Peter Hook sfoggia tutta la sua pinguetudine sfilandosi la maglietta e gettandola al pubblico; a torso nudo si concederà poi anche alle foto con i fans pronti a sfidare litri di sudore.
Insomma, un’ottima serata, con l’Atlantico che ci ha restituito (finalmente!) una buona acustica, una band di professionisti ma non logorati dal professionismo, uno stato d’animo equamente diviso tra emozione e nostalgia. Lunga vita a Peter Hook.
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