Peter Gabriel
Arena di Verona, 26 settembre 2010
live report
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Peter Gabriel è tornato in Italia per un’unica data del suo New Blood Tour ed ha scelto come luogo la sempre splendida Arena di Verona. Una location che profuma di storia per uno dei più grandi artisti della storia della musica mondiale, che in questo tour ha deciso di rinunciare totalmente a batteria e chitarre, facendosi accompagnare da un’orchestra sinfonica.
In una serata piuttosto fresca, il caro Peter si è fatto attendere dal pubblico che ha gremito l’Arena e si è presentato sul palco con quasi un’ora di ritardo, ma si è fatto poi perdonare regalando 3 ore di intense emozioni. Lo spettacolo è stato preceduto da una breve esibizione (2 brani) della sua corista Ane Brun, norvegese, voce in bilico fra Tori Amos e Kate Bush.
La prima parte dello spettacolo ha visto Gabriel presentare senza interruzioni l’ultimo album Scratch My Back. Si parte con Heroes di David Bowie, seguita da The Boy In The Bubble di Paul Simon e Mirror Ball degli Elbow. Una canzone dietro l’altra senza interruzioni, col pubblico che gradisce e troppo sovente applaude rumorosamente anche prima che i brani siano finiti, impedendo l’intero ascolto soprattutto delle parti orchestrali e degli archi che spesso chiudono queste meravigliose interpretazioni.
Si prosegue così fra Flume dei Bon Iver e dopo The Power Of The Heart di Lou Reed, arriva uno dei punti più intensi ed emozionanti della prima parte del concerto. My Body Is A Cage degli Arcade Fire è un tripudio di archi; l’arrangiamento di John Metcalfe, dal vivo, da ancora più risalto alle magiche atmosfere della band canadese.
Emozioni a non finire anche con la successiva The Book Of Love, originariamente dei The Magnetic Fields, sostenuta da una scenografia essenziale ma piena di calore.
In questa prima parte del concerto spesso e volentieri sembra che Peter Gabriel abbia scelto di tenere più basso il volume della voce, limitandosi a modulare i toni per accentuare ancora di più il grandissimo valore dell’orchestra che lo accompagna, diretta dal molto carismatico Ben Foster.
Con I Think It’s Going To Rain Today del pianista americano Randy Newman e Philadelphia di Neil Young, ci si avvicina al gran finale con Street Spirit (Fade Out) dei Radiohead. Prima di ritirarsi per i 15 minuti di intervallo, fra la prima e seconda parte, però, Gabriel propone Wallflower, recentemente interpretata dai Radiohead che hanno restituito il tributo a loro riservato in Scratch My Back.
La seconda parte del concerto inizia con la sempreverde San Jacinto, che acquisisce linfa nuova da questo arrangiamento, subito seguita da Digging In The Dirt tratta dal più recente Us.
Dopo un salto nella colonna sonora Ovo con Downside Up, ecco l’acclamatissima Signal To Noise, conclusa con un lungo pezzo orchestrale dove Gabriel si fa da parte e lascia il giusto tributo ai musicisti che lo accompagnano.
Le emozioni continuano ed il pubblico esplode letteralmente in un boato non appena Melanie, figlia di Gabriel e sua corista, intona le prime note di Upside Down.
Dopo Darkness, tratta da Up e la bellissima esecuzione di Mercy Street, ecco giungere la magia di Blood Of Eden, eseguita nel 1992 con Sinead O’Connor. Le bravissime Melanie e Ane però non fanno rimpiangere la cantante irlandese e il feeling con Gabriel è assoluto.
La seconda parte del concerto è più trascinante e The Rhythm Of The Heat si tinge di suggestioni africane. Ci si avvicina a mezzanotte e molti credono che il concerto stia per finire, ma Peter e la sua orchestra filano come treni e proseguono con Washing Of The Water, Intruder e Red Rain piena di pathos a livelli indescrivibili.
Con Solsburry Hill è standing ovation (tribuna stampa compresa) e Gabriel incita tutti a tenere il tempo con le mani.
Breve pausa ed ecco rientrare Gabriel sul palco, richiamato e acclamato a gran voce da tutto il pubblico dell’Arena. A dirigere l’orchestra durante In Your Eyes è l’arrangiatore Metcalfe. Pubblico in visibilio e tutti si aspettano questo brano come di consueto, per la gran chiusura.
L’artista però a quanto pare ha ancora voglia di deliziare i fans e regala anche Don’t Give Up, chiudendo poi alla grandissima suonando il piano in The Nest That Sailed The Sky.
Il pubblico non smette più di applaudire. E’ il trionfo di un grandissimo artista che si regala completamente ad un Arena di Verona estasiata che lo acclama e gli rende omaggio.
Raro vedere oggigiorno un live di tale durata e di tale intensità. Raro vedere artisti con tanta dedizione. Arrivederci Peter torna presto !!!!
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