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Permafrost: recensione di The Light Coming Through

Tornano i veterani Permafrost, che con The Light Coming Through riescono a creare un sound che, pur essendo profondamente radicato negli anni '80, suona sorprendentemente fresco e rilevante.

Permafrost

The Light Coming Through

post-punk

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In un’era in cui molti artisti cercano di replicare il suono post-punk degli anni ’80, i Permafrost si distinguono come autentici veterani del genere (sono in attività – con lunghe pause – da più di 40 anni). Con il loro nuovo album The Light Coming Through, il quartetto nordico-britannico dimostra che non sta semplicemente cavalcando l’onda della nostalgia, ma sta portando avanti un’eredità musicale vissuta in prima persona.

Formatisi originariamente a Molde, Norvegia, nel lontano 1982, i Permafrost hanno attraversato diverse incarnazioni prima di giungere alla formazione attuale. Il nucleo originale composto da Frode Heggdal Larsen e Kåre Steinsbu si è arricchito con l’aggiunta di Robert Heggdal e del britannico Daryl Bamonte, quest’ultimo con un impressionante curriculum che include collaborazioni con Depeche Mode e The Cure.

The Light Coming Through si presenta come un’opera che fonde sapientemente le radici post-punk della band con una sensibilità contemporanea. L’influenza di gruppi come The Cure dell’era Faith e dei New Order di Low Life è palpabile, ma non soffocante.

I Permafrost riescono a creare un sound che, pur essendo profondamente radicato negli anni ’80, suona sorprendentemente fresco e rilevante.

Il disco si apre con un brano strumentale che funge da perfetta introduzione all’atmosfera dell’album, seguito da Femme Fatale, un pezzo pop propulsivo che non ha nulla a che vedere con l’omonima canzone dei Velvet Underground.

Care evoca le melodie accattivanti dei Cure di Just Like Heaven, mentre il resto dell’album mantiene un ritmo incalzante di brani immediati e orecchiabili.

Nonostante il sound possa evocare immagini di club gotici immersi nell’ombra, i Permafrost descrivono la loro musica come “malinconia ottimista”. L’album si propone di offrire ispirazione e una via di fuga in tempi difficili, mescolando testi politicamente carichi piazzati su un’architettura post-punk scura e ricca di synth.

La produzione dell’album è nitida ed efficiente, rendendo giustizia alla natura diretta e immediata delle composizioni. Il processo creativo della band, distribuita tra Trondheim, Oslo e Margate, è un esempio di come la tecnologia moderna possa superare le barriere geografiche, permettendo collaborazioni a distanza che mantengono intatta l’energia e la coesione del gruppo.

The Light Coming Through si rivela un album che, pur affondando le radici nel passato, riesce a brillare di luce propria nel panorama musicale contemporaneo. I Permafrost dimostrano che l’autenticità e l’esperienza, quando combinate con una visione chiara e una solida abilità compositiva, possono produrre risultati che trascendono le mode passeggere.

Per gli amanti del post-punk classico, questo album sarà una gradita aggiunta alla loro collezione. Ma anche per chi è nuovo al genere, The Light Coming Through offre un’eccellente porta d’ingresso in un mondo sonoro ricco di atmosfere coinvolgenti e melodie memorabili.

In un panorama musicale spesso saturo di imitazioni, i Permafrost si ergono come custodi di un suono che hanno contribuito a plasmare, dimostrando che la vera essenza del post-punk non è mai veramente svanita, ma continua a evolversi e a ispirare nuove generazioni di ascoltatori.

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Massimo Garofalo
Massimo Garofalo

Critico cinematografico, sul finire degli anni '90 sono passato a scrivere di musica su mensili di hi-fi, prima di fondare una webzine (defunta) dedicata al post-rock e all'isolazionismo. Ex caporedattore musica e spettacoli di Caltanet.it (parte web di Messaggero, Mattino e Leggo), ex collaboratore di Leggo, il 4 ottobre 2002 ho presentato al cyberspazio RockShock.
Parola d'ordine: curiosità.
Musica preferita: dal vivo, ben suonata e ad altissimo volume (anche un buon lightshow non guasta)

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