Pennies By The Pound
Heat Death Of The Universe
(Lilith)
progressive-rock
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Se siete amanti del prog rock e delle sonorità che hanno reso grande e immortale gente come i Dream Theater e Steven Wilson, ecco che la proposta dei finnici Pennies By The Pound casca, come si è soliti dire, a fagiolo.
Il trio scandinavo con Heat Death Of The Universe incastona una serie di ottime canzoni che sono suonate in modo ineccepibile, curando al massimo i dettagli per le melodie non immediate, ma che entrano ascolto dopo ascolto.
Tra sprazzi di quello che sarebbero dovuti essere in un mondo migliore i primi Coldplay e gli ultimi Marillon, la band si riesce a esprimere al massimo della forma, regalando(si) episodi di grandissimo impatto come l’opener The Waters e l’ottima Indigo Screams, con quest’ultima che è un singolo dalle enormi potenzialità.
Ci sono momenti anche intimisti come 139 che è supportata da un piano laconico e che si apre in sede di ritornello.
Strange Stars è un’altra canzone di rilievo che si sposa benissimo con le atmosfere malinconiche di un lavoro che non ha mai un semplice momento di cedimento ed in cui la voce di Johannes Susitaival assomiglia tremendamente a quella del grande Bob Mould.
I brani, ad eccezione di Strange Matter, non sono mai brevi, ma lunghi e raffinati e prova ne è la soddisfacente San Francisco Skyline in cui escono alla distanza tutte le influenze prog di band come Transatlantic o artisti di culto quali Neal Morse.
Le melodie, che dominano l’intero disco, vengono ancora di più fuori nell’ultima perla, al secolo Heat Death, che parte con una chitarra acustica e si mantiene costante nel tempo attraverso arrangiamenti che la rendono decadente e crepuscolare.
Se il buongiorno si vede dal mattino, possiamo dire che i Pennies By The Pound saranno una realtà molto interessante dello stratificato mondo prog, dove è sempre difficile distinguere la bravura semplicemente tecnica di un musicista dalla statura artistica dello stesso.
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