Penelope Trappes
A Requiem
(One Little Independent Records)
ambient, dark ambient, ethereal
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Affrontare a viso aperto i propri incubi, fronteggiare disperazioni insostenibili, anatomizzare i dolori più laceranti, masticarli con estrema cura, uno ad uno, ingoiarli e infine espellerli per osservarli da lontano, come uno spettatore distratto e solo dopo questa lunga e tormentata procedura potremo avere la forza e il coraggio di rinascere dalle nostre ceneri, come l’araba fenice.
Quella sofferenza abissale, condivisa con gli altri diventa improvvisamente più facile da sopportare perché accompagna la consapevolezza che qualcuno, chissà dove, si potrà riconoscere nello stesso circuito vizioso trovando perfino la forza di andare avanti senza strascichi, un po’ come succede con le canzoni, una volta scritte e pubblicate, diventano di chi le ascolta per lo stesso archetipo di osmosi collettiva.
Il percorso intimo ed artistico di Penelope Trappes è l’esemplificazione tangibile di quanto appena scritto, con A Requiem, quinto album in studio e primo su One Little Independent Records, la cantante, produttrice e polistrumentista australiana si racconta a cuore aperto costruendo un santuario per se stessa dopo aver esplorato il caos e sviscerato nel profondo la sua storia familiare.
Dieci composizioni, dieci paesaggi armonici cupi e inquietanti, dieci incantesimi tra sogni ed incubi che parlano di morte, dolore, potere e autonomia, sono i suoni carnali e trascendenti del violoncello ad esorcizzare traumi storici e generazionali tradotti in un gotico sperimentalismo sonoro.
Artista visionaria forte della sua formazione classica tra musica sacra, opera e jazz che ha fatto della voce il suo strumento chiave, la Trappes si è recata in Scozia, alla ricerca della perfetta solitudine per un’esperienza di scrittura intensa e catartica dove tra stati meditativi e psichedelici ha incanalato i demoni uscendone purificata.
Durante la fase di registrazione, rigorosamente a lume di candela, si è lasciata sedurre dal violoncello, strumento per il quale ha sempre sentito una grande affinità. “L’ho abbracciato, tenuto in mano e sono diventata tutt’uno con esso, le corde del violoncello sono diventate corde esterne delle mie corde vocali..mi sono appoggiata su di esse ed ho evocato tutte le trame che potevo raccogliere”.
A Requiem è un servizio musicale in onore dei morti, un modo per sviscerare la sua storia proiettata nel mondo e nella sua sfera familiare “Questo album è il mio requiem personale per i miei genitori, il mio legame con la terra in cui sono nata, insieme a tutti i miei antenati epigeneticamente connessi prima di loro” spiega Trappes “Le canzoni mi hanno aiutata a trovare la forza per superare la mia consapevolezza della mortalità, della perdita imminente. Questo album è un funerale vivente. E’ una raccolta cerimoniale di musica, un’esternalizzazione del potere e della forza per combattere le generazioni di abusi ed oscurità che i miei genitori hanno ammesso di aver attuato nella loro genitorialità. Questo tormentato grido di guerra si rivolge a tutti come contributo per esorcizzare i sistemi patriarcali, politici e religiosi abusi di potere”.
Escludendo l’eccezione di Red Dove dagli accenti soavi in odore dream pop le tracce incluse non possono nemmeno definirsi brani perché assai lontane dalla canonica forma canzone, fanno invece pensare ad una suite dai colori tenebrosi guidata dalla splendida voce della Trappes e da quel violoncello che illumina ogni più oscuro pertugio.
L’atmosfera spettrale di Bandorai dedicata alle druidi femminili della spiritualità celtica si inabissa nel crepuscolo di Platinum dove la voce cavernosa di Penelope incita alla difesa contro la paura e l’autodistruzione mentre Torc e Thou Art Mortal (scritta in gaelico) purgano accettando tutti i mali.
Se l’austerità barocca di Sleep rimanda al canto più ispirato di Zola Jesus, Anchor Us To Seabed Floor fluttua in auree celestiali pur se intrise di assoluta tristezza dovuta ai lutti, Caro raffigura invece la purificazione del corpo, della mente e dello spirito.
La title track, infine, è il reale vessillo del full-lenght, il funerale vivente, l’addio che incombe al quale non possiamo esimerci “So che presto ci sarà la chiamata, dovrò tornare a casa per un funerale di famiglia, che taglierà ulteriormente in modo ancora più deciso i legami con il paese in cui sono nata, ma sono tranquilla al riguardo. Sono contenta e in pace con la mia vita nel Regno Unito”.
A Requiem è un disco crudo ed estremamente crudele, un viaggio agli inferi e ritorno, un disco ostico e spirituale, un’analisi avvincente della perdita, la testimonianza amara e sincera di un’esperienza personale e per questo sacra, come nessun’altra.
https://www.penelopetrappes.com
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