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Papa Roach: la recensione di Greatest Hits Vol. 2 – The Better Nooise Years

Questo Greatest Hits Vol. 2 - The Better Noise Years è un ottimo modo per seguire l'evoluzione dei Papa Roach, band che ha tentato in tutti i modi (spesso riuscendoci) di non rimanere incastrata nel nu-metal.

Papa Roach

Greatest Hits Vol. 2 – The Better Noise Years

(Better Noise Music)

nu-metal

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papa-roach-recensione-greatest-hits-2Sono passati più di venti anni da quando i Papa Roach irruppero sul mercato con Infest e conquistarono le classifiche di mezzo mondo sfruttando la scia del new metal.

Ora il nu-metal è un fenomeno che si è andato sciogliendo come neve al sole, lasciando sole alcune band storiche che hanno dovuto reinventarsi per non cadere in cliché abbastanza ovvi. Lo hanno fatto i Korn e lo hanno tradotto in grandi dischi i Deftones.

Tutto sommato, questo cambiamento è stato attuato anche dai Papa Roach, giunti, addirittura, al secondo Greatest Hits della propria carriera.

Se sul primo The Best il quartetto americano aveva fatto capire chiaramente che non era d’accordo con le scelte attuate dalla prima casa discografica che li mise sotto contratto e che non li convolse nel progetto, su questa nuova raccolta il discorso è stato totalmente diverso.

I quattro ragazzoni hanno curato in prima persona l’opera in questione che consta anche di remix e versioni acustiche di canzoni nate durante la seconda fase della loro carriera. La musica che scorre è molto piacevole e non si può negare che non ci siano brani decisamente forti e di impatto come Burn o Face Everything And Rise che hanno un tiro micidiale e delle melodie di assoluta qualità.

Quello che stupisce è come la band si sia voluta, a torto o ragione non si sa, addentrare in territori molto sperimentali, andando a toccare fenomeni musicali molto lontani dal loro universo originario.

Tra tracce di hip hop, trap, rap e r’n’b, i Papa Roach hanno cercato di conquistare nel corso di questi anni nuove fette di mercato, provando a rilanciare un nome che, tutto sommato, continua a produrre e a vendere dischi.

Basta ascoltare un brano come Periscope, con alla voce Skylar Grey, o l’elettronica The Ending (molto ultimi Linkin Park) per rendersi conto di come ci sia stata un’inversione di tendenza brutale rispetto a quanto ascoltato verso la fine anni degli anni novanta.

Il giudizio su questo Greatest Hits è, comunque, positivo, considerata la forza e il coraggio della band a voler provare a fare qualcosa di diverso, non rimanendo ancorata a discorsi di integrità e ripetitività musicale che hanno finito per impantanare colleghi come Mudvaine, Static X e compagnia varia che, invece, si sono incastrati a un canovaccio dal quale non sono riusciti più a liberarsi.

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Francesco Brunale
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