Pan Sonic
Gravitoni
(Cd, Blast First Petite)
elettronica, glitch
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Che il più importante duo elettronico finlandese, i Pan Sonic, abbia pubblicato un ultimo album poco prima dello scioglimento, è cosa quantomeno confortante. In effetti questo Gravitoni casca proprio a fagiuolo in quanto coronamento ideale di un’esperienza artistica d’assoluto rilievo. L’estetica targata Vainio/Vaisanen raggiunge qui un certo compimento, caratterizzato tanto dall’apporto minimal-techno – frugato in quel bagaglio stilistico così irrinunciabile per i due – quanto dalle virate più ambient, se non oppositamente noisy, del massacro sistematico alla quiete firmato Pan Sonic.
I nostri hanno difatti cercato sovente una sorta di “compromesso” fra la linearità/regolarità del pur estenuante battito basilare e l’abrasione-devastazione indomita che ha trovato nel glitch estremo e, più in generale, nel rumorismo puro la propria attuazione più strabiliante. Cose che, ovviamente, non potevano mancare in questo capitolo conclusivo.
A cominciare proprio dalla centrifuga un po’ krauta tanto cara al duo di Voltos Bolt e proseguendo con: la minimal disturbante (o soporifera, fate voi) di Wanyugo; i cocci a malapena percepibili di Fermi, il vortice sfiancante e mangiatutto, successivamente mutante in mitraglia/motore-al-minimo di Corona, lo scenario simil-industrial con del buon groove in più di Radio Qurghonteppa, il trapano (o elicottero) impazzito che si disgrega lentamente in Trepanointi \ Trepanation, i field recordings di Vainamoisen Uni \ Dream of Vainamoinen evocativi di un nulla cosmico, successivamente interrotto da sonorità aliene che rammentano qualcosa a metà fra il miglior Schulze e i Neu! dell’esordio; ma anche le intermittenze desolanti di Suuntaa-Antava \ Indicational percorse da glitch “plesso-ledenti”, le atmosfere quasi distensive di Hades, quelle alienanti snervanti – sempre ad opera degli stessi errori digitali striduli – di Kaksoisvinokas \ Twinaskew, e quindi il “finale hollywoodiano” (sarcasticamente parlando) di, appunto, Pan finale, sorta di rassegnazione a tale disastro umano/ambientale, cyberpunk nello spirito, magari da intendersi come palingenesi ideale per una nuova razza improbabile – con tanto di danze propiziatorie.
È dunque così che finisce la sconvolgente saga dei Pan Sonic, saga giustappunto fondamentale per comprendere meglio dov’è che stia andando a parare quella porzione di musica elettronica votata alle sperimentazioni più radicali, fatta da gente che ha trovato proprio in loro – assieme a tutti gli altri ammiratori – quel quid che ha sancito la differenza.
Ora resterà soltanto del vuoto… difficilmente colmabile.
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