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Odio l’estate. Bruno Martino e il più famoso standard jazz italiano

Viaggio avventuroso e appassionante dietro le quinte di un brano che è entrato nella storia della musica internazionale, Odio l'Estate. Il ritratto di un artista sottovalutato e troppo presto dimenticato. Con la prefazione di Vinicio Capossela

Paola De Simone

Odio l’estate. Bruno Martino e il più famoso standard jazz italiano

Donzelli Editore, 2010, pp. 134, € 17

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La premessa è quanto mai doverosa. Paola De Simone la conosco personalmente da quasi vent’anni. Come me è abruzzese, anche se diverse esperienze lavorative l’hanno portata prima a Milano ed ultimamente a Roma da dove, oltre a curare e condurre programmi musicali per il circuito radiofonico InBlu, dirige il giornale on line PopOn.it dedicato esclusivamente alla musica italiana. Tempo fa, grazie anche al social network più impiccione che c’è, ci siamo inaspettatamente ritrovati ed ora siamo tornati ad essere nuovamente e diversamente amici…

Non è per amicizia, però, che segnaliamo l’uscita del suo ultimo libro, Odio l’estate. Bruno Martino e il più famoso standard jazz italiano, in distribuzione proprio in questi giorni a distanza di dieci anni dalla morte di uno dei più grandi autori che la musica italiana abbia potuto vantare. Lo facciamo semplicemente perché questo lavoro dall’anima corale, impreziosito dalla suggestiva prefazione di Vinicio Capossela e completato dalle interviste ai musicisti Sergio Cammariere, Fabrizio Bosso, Renato Sellani e Jimmy Fontana, ha il grande pregio di (ri)portare l’attenzione su un artista ingiustamente e troppo facilmente dimenticato da un ambiente musicale in colpevole debito di memoria e riconoscenza.

Suddivisa in otto agili capitoletti, la lettura scorre fluida dalla prima all’ultima pagina. Appassionata ed appassionante, la narrazione utilizza il pretesto della storia del suo brano più famoso, di cui “persino i suoi autori e primi interpreti non furono in grado di cogliere la manifesta bellezza” e che nel tempo, invece, diventerà uno dei più suonati e conosciuti al mondo (fu l’interpretazione di João Gilberto nel 1977 a dargli visibilità internazionale), per tratteggiare in realtà anche e soprattutto un ritratto di Bruno Martino in quanto uomo, padre ed artista a tutto tondo, amante del jazz e della musica classica, soffermandosi brevemente anche sull’analisi del contesto sociale di un’Italia fa, in cui dalle rovine della guerra stava nascendo nuovamente la voglia di divertirsi a suon di musica.

Il valore aggiunto del libro, dunque, è rappresentato dalle testimonianze dirette della moglie Fiorelisa Calcagno e di Bruno Brighetti, cioè colui che ha rivestito Estate di parole (scritte peraltro a seguito di un’intossicazione da cozze…) e che con Martino ha condiviso quindici anni di vita artistica nei locali di tutto il mondo, scovato dall’autrice, con inaspettato fiuto da segugio, nel suo remoto e ultra quarantennale buen retiro africano.

Con un pudore tutto femminile si viene così a conoscenza di un uomo estremamente buono, colto, curioso, puntuale, disponibile; del suo amore per il calcio (e del suo fastidio per i tifosi) e della sua amicizia vera e sincera con Sandro Ciotti, Renato Carosone e Umberto Bindi, per uno strano scherzo del destino morti a breve distanza l’uno dall’altro. Ed inoltre, della straordinaria epopea dei night club, raccontata da un arzillo e lucido giovanotto di ottantatre anni che quella storia l’ha vissuta in prima persona.

Le già citate interviste ad alcuni dei migliori autori ed interpreti della musica italiana che hanno inserito Estate nel proprio repertorio, le belle fotografie in bianco e nero, oltre ad una dettagliatissima, sebbene non esaustiva, appendice, comprendente tutte le incisioni di Estate fatte in Italia e all’estero (esistono versioni in Giappone, in Kirghizistan, in Argentina, in Svizzera…), inclusa la discografia e la filmografia completa di Bruno Martino, rendono questo libro davvero un piccolo scrigno di conoscenza. Il prezzo del libro, a nostro parere eccessivo per un’opera dall’animo divulgativo come questa, non ci impedisce comunque di fare nostra l’invocazione dell’autrice e di augurarci che questo lavoro “possa essere d’aiuto a tutti coloro che vorranno conoscere Bruno Martino e il contesto in cui è vissuto”. Affinché altri inverni possano tornare a ricordarci quel dolore provato un’estate di tanti anni fa.

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Ivan Masciovecchio
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