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O! the Joy: Zen Mode

Con Zen Mode gli O! the Joy ci presentano il loro prog fatto di rumorismi, raffinatezze e velleità pop

O! the Joy

Zen Mode

(Cd, DistileRecords, 2008)

progressive, experimental

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Gli O! the Joy di Sacramento sono una band che si presenta come un quartetto dedito a un prog sperimentale, figlio dei pastiche alla Mars Volta e della vena melodica emo più recente. Ciò che caratterizza maggiormente la struttura delle “canzoni” di questo Zen Mode è il timbro orecchiabile delle linee vocali (di Kurt Travis, il cantante), il tratto inconsueto delle trame chitarristiche (Jason Ellis) e il virtuosismo del batterista – Justin Going – sulla falsariga di “mostri sacri” del math come Demon Che dei Don Caballero o dei drummer prog più pirotecnici.

E’ dunque comprensibile che l’album spazi dall’hardcore e il free noise alla fusion e il jazz da camera senza soluzione di continuità, non perdendo comunque di vista il gusto per i salti eccentrici: come quando da momenti più intensi si devia per capitoli strumentali fatti di tempi dispari – ritmicamente parlando – e melodie, arpeggi e riff più leggeri o circolarmente dadaisti. Basta ascoltare la furia iniziale di Conceivable Test Tube Baby, dapprima spezzata dal tapping esaltato di Ellis per poi approdare in fraseggi eterei e contrastanti – anche col drumming instancabile di Going.

In There Is No Such Thing As “Organized Crime” coesistono invece tre momenti succedentisi, in cui il pianismo post travalica in distorsioni sussultorie e in jam noise che non hanno nulla da invidiare a quelle di creature anomale tipo Lighting Bolt e compagnia bella. C’è poi da segnalare l’innesto dell’elettronica in brani come I Just Didn’t Tell You, pregna di space e sci-fi nello stile dell’hard rock – quello degli Hawkwind – e del kraut.

Detto ciò, bisogna ammettere che la band, pur non essendo sempre al massimo, riesce comunque a mantenere picchi di creatività molto elevati, mostrando una grande abilità tecnica assieme a un’aggressività sonora degna dell’hardcore più viscerale e sfrenato, mostrandosi allo stesso tempo originale e soprattutto non del tutto banale nella costruzione di canzoni archetipicamente straripanti.

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