Nine Inch Nails + Tv On The Radio + Animal Collective
Roma, Ippodromo delle Capannelle, 22 luglio 2009
live report
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Una cannonata in piena faccia, un terremoto emotivo violento e devastante. Questo (e tanto altro) è stato il concerto dei Nine Inch Nails, per la prima e ultima volta a Roma, prima di una sospensione dell’attività live destinata a durare parecchio a lungo.
Ad aspettarli non c’era tantissima gente, sei/settemila persone sono sicuramente meno di quanto s’apettassero gli organizzatori.
Ad aprire le danze gli Animal Collective, coccolati dalla critica, snobbati da buona parte del pubblico presente e sicuramente penalizzati da un’acustica pessima e dalle dimensioni del sito, mentre i loro loop cerebrali sono probabilmente più adatti a un piccolo club.
Con i Tv On The Radio cambia la musica, cambia il genere e migliora anche la qualità della resa sonora. Robusti, compatti, talentuosi, i newyorkesi mischiano continuamente le carte, condendo il loro post punk di elettronica, di venature blues e di tutto ciò che la fantasia gli consente. Bravi ma sprecati come gruppo spalla.
I Nine Inch Nails si fanno attendere ben oltre il dovuto. Erano previsti sul palco alle 21.45, mentre arriveranno con mezzora di ritardo a causa di un problema di tensione elettrica che ha rischiato addirittura di far saltare il concerto (cosa che per fortuna era ignorata dalla maggioranza dei presenti) e che nella seconda metà dello spettacolo ha dimezzato la parete di luci poste sulle quinte.
Il quartetto iniziale scelto da Reznor e soci è in grado di mettere a tappeto chiunque: Somewhat Damaged, Terrible Lie, Heresy e March of the Pigs devastano menti, corpi e cornee. Le menti sono letteralmente stuprate da tanta violenza (cerebrale ed emotiva), i corpi costretti a dimenarsi (nonostante il caldo che ha stremato e sta stremando Roma), gli occhi cecati da un assalto di luci bianche e gialle, sparate dritte in faccia al pubblico e alternate a stroboscopiche impazzite.
Terrible Lie è forse il brano che subisce di più i nuovi arrangiamenti di questo tour; senza più un tastierista fisso (addirittura in alcuni momenti il batterista Ilan Rubin correrà verso il pianoforte e viceversa), le parti elettroniche sono sempre ben presenti, ma il grosso è affidato alle chitarre e il redivivo Robin Finck, seppure visibilmente alticcio, non si fa pregare e dà una chiara dimostrazione del suo talento: Terrible Lie, quindi, invece del tripudio di elettronica presente sul disco, si rivela il terreno ideale per mettere in gioco, sin da subito, il talento di Finck. Justin Meldal-Johnsen è un bassista serio, che suona con piglio anche il contrabbasso e non si piega alle pagliacciate di Twiggy Ramirez, che avevo visto in azione con i NIN in Austria ai tempi di With Teeth, forse la loro punta più bassa.
Una scaletta pressoché perfetta che, forse proprio a causa dell’abbandono del fido tastierista Alessandro Cortini (che probabilmente vedremo in tour con i Muse), lascia fuori Closer e Sin, ma comunque in grado di soddisfare i fans più incalliti con ripescaggi dal passato remoto della band e la cover di I’m Afraid of Americans dell’amico David Bowie.
Alla fine della fiera, dopo quasi due ore di spettacolo, Trent Reznor ha dimostrato/confermato la sua capacità di prendere il pubblico e rivoltarlo come un calzino, facendolo balzare su veri e propri assalti al rumore bianco o costringendolo alle lacrime (La Mer, The Fragile, Hurt).
Insomma, una serata che rimarrà nel cuore di tutti i presenti.
P.S.: molti volti noti tra il pubblico, da Valerio Mastandrea (che non s’è smosso di un millimetro mai, a Luca Argentero, da Enrico Silvestrin agli Afterhours al completo.
La scaletta del concerto (Nine Inch Naiuls, Roma, 22 luglio 2009, Ippodromo delle Capannelle, Rock in Roma Festival)
Somewhat Damaged
Terrible Lie
Heresy
March of the Pigs
Something I can never have
The line begins to blur
I’m afraid of americans (cover di David Bowie)
The Becoming
Burn
Gave Up
La Mer
The Fragile
Gone, still
The downward spiral
Wish
Survivalism
Suck
Mr.Self Destruct
The Day the World Went Away
The Good Soldier
The Hand that Feeds
Head Like a Hole
Hurt
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