Nada
L’amore devi seguirlo
(Santeria/Audioglobe)
folk, rock, pop
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L’amore devi seguirlo, il nuovo album di Nada che segue di due anni il precedente Occupo poco spazio, è nato, o forse sarebbe più azzeccato dire ha avuto la sua gestazione, su Garage Band di un computer portatile. E proprio questo aspetto ha aperto in me la curiosità necessaria a trovare la voglia di ascoltarlo e recensirlo con la dovuta attenzione, nonostante il nome dell’artista rappresentasse per me il più classico degli ostacoli culturali.
Queste fulminazioni casalinghe che fanno un po’ Nebraska mi “acchiappano”, forse perché mi sento in qualche modo artista anch’io e, allora, romanticamente mi immagino qualcuno che si alza nel cuore della notte o balza improvvisamente fuori da una vasca da bagno con la necessità imprescindibile di fermare per sempre un’idea giunta inaspettata ma tanto attesa.
E Nada è una di quelle artiste eclettiche, una che spazia dalla musica al teatro alla letteratura (tra i suoi romanzi cito l’ultimo La grande casa, Bompiani, 2012), e sembra farlo con una sincerità di fondo che si specchia nella ricerca di una originalità che non appare, quantomeno in superficie, troppo artificiosa.
Questa nuova avventura è partita ufficialmente a maggio 2015 quando ha fatto il suo esordio il primo singolo, una ballata rock-blues dal titolo un po’ impertinente, Non sputarmi in faccia.
Proprio mentre scrivo sta imperversando il secondo estratto, La bestia, che in una intervista la stessa Nada ha definito proto punk senza saper dare una definizione precisa di questo genere musicale suggeritole al primo ascolto da uno dei suoi musicisti “di passaggio”.
E questo non prendersi troppo sul serio, se vogliamo, è un secondo punto a suo favore.
Il video è stato girato alle Fonti del Corallo, un complesso termale abbandonato del livornese. Lei è vestita di una tunica nera con cappuccio e attorniata da bambini la cui limpidezza risalta ancor di più sullo sfondo delle rovine lasciando assomigliare il cortometraggio a un giocoso e autoironico “gotico solare”. Anch’io non so cosa sia il proto punk e, francamente, queste definizioni neolinguistiche mi hanno stufato ancor più di quelle etichettature vecchie o classiche che dir si voglia. Il brano scorre via con la musica che fa quasi da sottofondo a una voce ipnotica anche se parlata, fino all’isteria dello shallala finale.
E, per chiudere, anzi per aprire, l’8 gennaio è uscito il singolo La canzone dell’amore, ultimo respiro promozionale prima dell’atteso arrivo dell’intero lavoro. È un brano interessante scritto per un gruppo di bambini diversamente abili, i The Dreamers, che ne hanno inciso i cori.
Instillare, probabilmente è questo il verbo giusto per coniugare questo rilascio cadenzato di brani che costruisce quasi una sorta di percorso che guida e conduce alla meta finale. Creando aspettativa e bagnandola con una goccia di curiosità che la rende più pesante, più forte, più agognata.
Perfino i pezzi più semplici come Finché tu vorrai o L’estate sul mare suonano in qualche modo singolari, anche se la mia attenzione è catturata di più dai brani che si presentano manifestamente enigmatici come l’apocalittica Una pioggia di sale, il cui testo forse non vuole dire ciò che dice, o almeno questo dubbio mi insinua il suo andamento per certi versi scanzonato.
Ballata triste è, su tutti, il pezzo più armonico, in cui la timbrica misteriosa della performer toscana diventa più malleabile e modella un testo che affronta un tema quanto mai attuale come quello della violenza sulle donne.
Ma ci pensa All’aria aperta a riportare fuori dai binari canonici un lavoro ispirato che non cede ai facili cliché di qualsivoglia natura.
Intervista a Nada
RS – La bestia è una metafora che si presta a diverse interpretazioni. Tu l’hai definita “la paura che ci attanaglia quando ci mancano le certezze”. Io, ascoltando il brano e guardando il video, l’ho intesa diversamente come il lato oscuro e selvaggio che ognuno di noi cela nel suo più imo essere e che dà forma a quella che forse è una forma di ipocrisia generalizzata: abbiamo paura degli altri ma non di noi stessi.
NADA – La paura di quello che non si conosce, la paura di noi stessi ma anche di ciò che sta fuori di noi. Il bello delle canzoni, come di un film o di un libro, è che ognuno può vederci quello che vuole. Ci sono molti modi di leggere le cose, per questo dico sempre che raccontare le canzoni è la cosa più banale perché le canzoni, di per sé, raccontano già tante cose ed è bello che chi le ascolta non abbia una indicazione precisa ma possa prendere quello che vuole, nel bene e nel male. Però quello che dici è giusto, La Bestia è anche quello.
RS – Il primo singolo è uscito a maggio del 2015, il secondo a dicembre e il terzo a gennaio 2016, una settimana prima dell’arrivo ufficiale dell’album. Otto mesi, quasi una gestazione materna…
NADA – Sì, il primo singolo è uscito a maggio del 2015 e, infatti, tutto è nato proprio da lì. In verità avrei voluto farne uscire molti di più ma poi alla fine non ce l’ho fatta, perché non è facile rispettare ogni mese la scadenza dell’uscita di un brano. Quando ho scritto Non Sputarmi In Faccia, sinceramente, non avevo ancora in progetto di fare l’album, sì avevo qualche idea qua e là ma nulla più. Però questa canzone mi è piaciuta tantissimo perché era diversa da tutto quello che avevo fatto negli ultimi anni, era venuto fuori un mio spirito e un mio carattere che da tempo non avevo. E poi una canzone blues così, un po’ anni ’50, non è facile da scrivere. Questa invece è venuta fuori proprio bene, anche il testo è abbastanza ironico ma al tempo stesso molto femminile, molto semplice e, soprattutto, dice delle cose. Quindi mi sono detta be’, se questa canzone non la faccio uscire subito non uscirà più, perché so già che poi farò altre cose che non saranno brani di questo tipo e alla fine mi ritroverò a scartarla perché con gli altri pezzi non ci sta e cose così. Lo so che pretendo molto, sono molto esigente, faccio tutti i miei calcoli e quindi alla fine, conoscendomi, ho detto no, deve uscire. E così, lì per lì, ho pensato anche all’idea di uscire con un brano ogni due mesi. E questa è stata, innanzi tutto, la molla che mi ha permesso di finire il disco, perché ho dovuto mettermi sotto e mollare un po’ tutte le cose che avevo in piedi, ho finito il tour e mi sono fermata proprio perché avevo preso un impegno. A dire il vero mi sarebbe piaciuto far uscire una canzone via l’altra, ognuna da sola, e infine farle uscire in un album, perché di solito di un disco si ascoltano solo due o tre pezzi mentre in quel modo le canzoni avrebbero avuto più spazio e più tempo per essere ascoltate come meritavano. Io non parto mai con l’idea di fare un disco, non faccio un singolo e poi ci aggiungo le altre canzoni. Io faccio tutte canzoni che mi piacciono e poi alla fine sono costretta a sceglierne una, ed è anche molto difficile. Ecco perché questa uscita cadenzata dei brani. Devo dire che alla fine sono soddisfatta, perché sono riuscita a finire tutto e a fare un disco che non ho solo scritto ma che ho anche confezionato in tutto e per tutto. E questo mi ha dato un’altra svolta.
RS – Magari sbaglio ma Una pioggia di sale mi ha fatto pensare a una mia frase celebre che uso sempre per descrivere gli effetti direttamente tangibili e in ogni modo irreparabili della bramosia umana, “ormai esistono solo le mezze stagioni”. Stiamo andando incontro all’autodistruzione?
NADA – Be’, io spero di no però, certo, sono un po’ preoccupata per quello che succede. Se ne discute tanto, non si fa che parlare del clima, tutti se ne interessano, guarda l’ultimo meeting che c’è stato a Parigi. La nostra giornata, il tempo, il tempo, il tempo… Quindi, anche lì, ritorno al fatto che scrivi il momento che vivi e, infondo, vieni condizionato e travolto dalle cose che senti sempre e che entrano a far parte del tuo immaginario.
RS – Mi incuriosisce molto l’utilizzo di Garage Band. In che modo è stato utile a cristallizzare la tua ispirazione?
NADA – Lavoro molto a casa con il computer, come credo un po’ tutti quelli che fanno musica. Questa volta, invece di passare attraverso un musicista che mettesse un po’ apposto le mie cose e mi desse altre idee, ho pensato di andare fino in fondo da sola perché le canzoni già nascevano con delle idee precise anche musicali, con delle frasi, con delle cose ritmiche. Tanto che mi sono detta ma sì, stavolta faccio tutto da sola. E allora sono andata un po’ più in là del solito. Anche coi miei dischi precedenti in cui sono intervenuti i musicisti, infatti, non mi sono mai limitata a dargli la canzone chitarra e voce; erano sempre canzoni elaborate, con un loro carattere, una loro dimensione musicale e per me questo è fondamentale perché le mie canzoni nascono così, io le penso già così. Solo che altre volte ho avuto bisogno dell’aiuto di qualcun altro che le approfondisse mentre, questa volta, mi sembrava che non ce ne fosse bisogno, come mi ha detto una mia amica musicista “ma perché mi chiami per fare quello che già fai tu, fattelo da sola no!”. Le ho risposto “hai ragione, stavolta me lo faccio io”. Certo, poi sono andata in uno studio per mixare e fare alcune cose…
RS – Tra le versioni casalinghe e quelle definitive c’è molta differenza?
NADA – No, non c’è moltissima differenza. Più che altro nella sonorità, dovuta a un po’ di messa a punto di alcune cose che avevo fatto col computer e che poi ho fatto risuonare con lo strumento vero ma che, insomma, sono sempre quelle, era giusto per avere una profondità di suono.
RS – Sono loro i “musicisti di passaggio”?
NADA – Proprio loro. Li ho definiti così perché, appunto, non sono conosciuti e non hanno avuto peso in questo disco in quanto si sono limitati a ripetere tecnicamente quel che io avevo fatto malamente.
RS – Com’è nata La Canzone dell’Amore?
NADA – Ho passato alcuni giorni con dei ragazzi mentalmente disabili. Ogni tanto faccio delle cose così, a livello umano, mi chiamano in certe situazioni per alleviare un po’ le persone svantaggiate che hanno bisogno di compagnia e di fare qualcosa. Io faccio la musica e quindi ho fatto un po’ di musica insieme a loro. E’ stata un’esperienza bellissima, ho fatto questa canzone con loro e per loro che urlavano e cantavano a squarciagola nei cori. E poi dicevano frasi e parole che io ho preso, rielaborato, mischiato alle mie e, così, è arrivata questa canzone che mi ha veramente meravigliata per come è nata, con una energia talmente forte come c’era in quel momento e che è dovuta uscire per prima… aveva proprio la potenza della verità!
RS – Un mio amico americano, musicista anche lui, sostiene che dietro i vari attentati terroristici ci sia un disegno enorme che vede coinvolti gli stessi governi, compreso l’11 settembre. Posizione curiosa, fuori dal coro e abbastanza folle, no? Assolutamente tanto che su mio input abbiamo approfondito un po’ la questione e devo dire che mi ha instillato dei serissimi dubbi tanto che ora, quando ci scriviamo, sto ben attento alle parole che uso perché ho il fondato timore che sia monitorato da CIA, FBI e chi altri. A parte gli scherzi, ho letto delle tue dichiarazioni più schematiche, ma in un certo modo parallele, a proposito del brano Aprite Le Città.
NADA – Diciamo che ognuno può avere e dare il suo punto di vista, come hai fatto tu per La Bestia. Io ho visto Gennaro (l’attentatore protagonista del brano, NDR) come un succube, un poveraccio che cerca di dibattersi contro questa ingiustizia che vive e da cui è travolto. Quindi fa anche un sacco di errori e cerca di ripararli. Ma, alla fine, non va condannato, perché è un disgraziato. Se tutti noi fossimo molto più aperti e sereni uno con l’altro e verso il diverso, verso queste persone che vivono una vita da animali, da bestie, probabilmente ci sarebbe anche meno violenza, meno cattiveria, meno distruzione. Perché quello che l’uomo fa, a ben vedere, è davvero drammatico. Vediamo delle cose e non ci rendiamo conto: bambini che muoiono, donne che non hanno una casa… ma sai cos’è una casa? Una casa è la dignità dell’uomo, è dove uno custodisce le persone care, la famiglia, gli affetti, il luogo dove riceve l’altro. È fondamentale. Vedere questa gente in certe condizioni… è certo che poi da lì si possano scatenare delle reazioni, ora non dico che tutto l’orrore del mondo parta da lì ma certo anche quello sicuramente contribuisce a portare la violenza che vediamo.
RS – Il cosiddetto “femminicidio” è il tema di Ballata Triste.
NADA – Non credevo che ci sarei mai riuscita e in realtà non è che volessi fare una canzone così. Ma è nata la storia e piano piano ha preso questa strada finché è arrivata alla fine in questa forma e, veramente, mi sono proprio meravigliata. Mi sono detta “Madonna, ma quanto di quello che uno sente e che entra dentro di te alla fine esce fuori da qualche parte?”. E’ uscita fuori così questa canzone che… devo dire che io tengo molto alle cose che realizzo e non le faccio mai così, tanto per fare rumore. Ballata Triste è proprio rigorosa, descrive un momento così vero che riesci a vederlo come se fosse un piccolo film. Disperato certo, ma è proprio così.
RS – La tua creatività si esprime in forme diverse: la musica, i testi teatrali, la letteratura. Qual è il campo in cui ti muovi con più disinvoltura e c’è un minimo comun denominatore che li unisce tutti?
NADA – Noooo, non lo so, sinceramente non lo so. Quello che faccio mi viene naturale, mi piace farlo, e poi mi piace molto sperimentare, fare cose nuove, fare cose diverse, anche perché poi da una cosa ti viene l’idea per l’altra. Per esempio io scrivo un libro e magari mentre lo faccio mi viene un’idea per il teatro oppure per fare un disco o per fare musica in un certo modo. Credo che sia il mio mondo, quello che sono io nel mio lavoro, che è diventato oramai la mia vita e che si muove un po’ da varie parti spingendosi fin dove si può fare. E quando vedo che le cose mi riescono mi appassiono e allora vado avanti. E’ un’esigenza ed è difficile dare una risposta perché non me lo voglio nemmeno spiegare il perché faccio le cose che faccio, l’importante è che sono lì, parlano, esistono e quindi significa che sono riuscita a farle.
RS – Per chi si ricordasse di Nada come una reminiscenza di qualche Festival di Sanremo, come racconteresti in breve il tuo percorso artistico di mezzo che poi, infondo, è quello che ti ha condotta a essere quella che sei oggi?
NADA – Eeeeeh, è un percorso molto lungo, partito da lontano… (ride). Che dire? Speriamo che ci sia ancora tanta strada, le cose cambiano, succedono, avvengono, noi ci muoviamo, andiamo avanti, è un continuo cambiamento. Io ho iniziato che ero una ragazzina, non sapevo quello che facevo e mi è capitata questa cosa addosso. All’inizio non ho capito niente, l’ho anche odiata perché la mia adolescenza non era vissuta come avrebbe dovuto esserlo. Poi, man mano che crescevo, mi sono resa conto che era un mestiere che potevo fare e allora ho cominciato a capire cos’era la musica, mi sono appassionata e ho continuato cercando una strada, la mia strada, che ancora cerco in continuazione e che sempre vedo più chiara. Ma, insomma, credo che la strada non finisca mai, come la nostra vita che, finché non si arriva alla fine, continua a portarti cose che succedono e che ti cambiano il punto di vista.
RS – E allora dove pensi, o dove speri, ti condurrà questo album?
NADA – Al prossimo, spero! Sto lavorando con i nuovi musicisti, che non sono di passaggio (ride). Non so se riusciremo a fare qualche concerto tra marzo e aprile prima di iniziare il tour estivo e andare avanti e avanti.
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