Morrissey
Years Of Refusal
(Cd, Decca, 2009)
rock
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Si sa, Morrissey è un personaggio di culto, o meglio sarebbe dire di venerazione, per molti. Dopo lo scioglimento degli Smiths c’è chi è rimasto deluso dalla sua carriera solista, che ha attraversato momenti di alterna fortuna. Ma nessuno dei suoi vecchi fan ha mai rinnegato il personaggio di Morrissey, e quello che esso rappresenta. Sembra calzare a pennello una frase che lo stesso Moz canta in una sua canzone, Speedway, contenuta nell’album Vauxhall And I: In my own strange way/ In my own sick way/ I’ll always stay true to you. Anche se non si è del tutto soddisfatti dei suoi album, anche se certe sue affermazioni lasciano un po’ perplessi, una volta che ci si è innamorati di Morrissey non si torna più indietro. Gli si rimane sempre fedeli.
Morrissey riesce a mantenere questo stuolo di fedelissimi per un fatto molto semplice: non si è mai tradito, il suo atteggiamento è rimasto sempre uguale, da quando era quel ragazzo malinconico che cantava negli Smiths, fino ad oggi che è un elegante quarantanovenne. Non c’è stata alcuna parabola formativa nei testi dei suoi brani. C’è ancora tanta autocommiserazione, c’è la paura di non essere voluti, c’è un rapporto problematico e conflittuale con l’amore e con il sesso. Le stesse ansie che tormentavano il Morrissey adolescente, sono le stesse che lo perseguitano nel suo nuovo album, Years of Refusal. Gli anni del rifiuto, per l’appunto.
Getto le mie braccia attorno a Parigi perche nessuno vuole il mio amore, perché nessuno ne ha bisogno canta rammaricato Moz in I’m Throwing My Arms Around Paris. Sprecavo il mio tempo/ Pregando che l’amore arrivasse/ Quell’amore che non giunge mai/ Da chi non esiste neppure, si lamenta poi in That’s How People Grow Up. L’animo di Morrissey non è ancora pacificato, e tutti coloro che lo hanno amato per questo suo inquieto e genuino malessere continueranno ad amarlo.
Sicuro di questo appoggio condizionato, Morrissey, da un punto di vista musicale, non ha più bisogno di dimostrare nulla. Non deve reinventarsi, non deve cercare di stupire con arrangiamenti modaioli. Fa quello che ha sempre fatto, e lo fa bene, senza strafare e senza deludere: in primo piano le modulazioni della sua splendida voce, che sa ancora emozionare e far piangere. A suo sostegno, chitarre potenti e incisive, che sanno controbilanciare la morbidezza della tonalità. Rispetto all’album precedente, Ringleader Of The Tormentors, ci sono meno brani complessi e introspettivi, meno arrangiamenti barocchi. E questi erano gli unici difetti di quell’album.
I’m Throwing My Arms Around Paris è il brano più pop, grazie a delle note di chitarra dolci e naïve; in All You Need is Me le chitarre dure e la base ritmica frenetica, oltre che certi vocalizzi spericolati di Moz, restituiscono un’atmosfera di genuino rock’n’roll. In That’s How People Grow Up, invece, una melodia particolarmente struggente e dolorosa contrasta con le solite chitarre ruggenti, creando un effetto di rassegnata tristezza.
Chi vuole sorprese, non le troverà in questo disco. Chi vuole conferme, sarà felice di lasciarsi cullare ancora una volta dalla dolcezza amara che traspare da ogni brano. Sì, finalmente Morrissey è tornato. Ed è lo stesso adolescente timido e sensibile di sempre.
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