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Moostroo: recensione disco omonimo

Il trio dei Moostroo autoproduce un disco di nove brani che raccontano le frustrazioni e il disagio sociale della provincia bergamasca

Moostroo

s/t

(Autoproduzione)

indie, post-punk

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MoostrooI Moostroo sono ufficialmente nati da un paio d’anni, ma la loro storia inizia nel 1997 quando facevano parte dei Jabberwocky, numerosa e variegata “patchanka band” che si esibiva per le strade della Bergamasca. Dulco Mazzoleni (voce e chitarra), Francesco Pontiggia (basso) e Igor Malvestiti (batteria) hanno deciso di esibirsi in una nuova veste dato che la loro musica ha avuto anche un’evoluzione propriamente strumentale: si è aggiunta l’elettrificazione distorta alla chitarra classica, il basso è doverosamente impostato a due corde e infine un ridotto set di batteria completa gli ingredienti del nuovo sound.

Prima di questo monicker si chiamavano Dulco Klo Charm, un po’ di concerti, una demo e quindi la decisione di imporsi con un cantautorato post-punk. L’omonimo album è stato autoprodotto dal trio con la collaborazione di Stefano Gipponi, concentrato in nove brani piuttosto personali e non facili da assimilare. L’attitudine punk si nota, se proprio vogliamo buttarcelo dentro, in Silvano Pistola, ma più che altro nel songwriting ironico e istrionico che la band ci presenta nel corso di quest’ascolto.

Il disco non parte proprio veloce e istintivo, è suonato molto denso e pesante, direi anche ombroso e critico. Come ammettono loro stessi, abbiamo “ballate crude e dolci, che si ballano da sole e lasciano impalati per la livida tensione funk che le attraversa in filigrana”. Combinano la loro realtà provinciale con l’insieme di mostri di una nazione mostruosa, il mood è grondante di un drammatico alone cantautorale che emerge in episodi come Valzerino di Provincia e Umore Nero.

Tra i pezzi più apprezzati segnalo Underground, la meno impenetrabile del pacchetto, dal ritmo cadenzato e molto godibile da canticchiare. La chitarra non fa grandi cose a livello di riffing, direi per nulla, ma quando si tratta di graffiare il brano come in Autocomplotto riproduce un buon effetto. L’ultima segnalazione è relativa a Il Prezzo del Maiale, episodio che ricorda Capossela e quel cantautorato teatrale capace di raccontare storie con quella melodia opprimente e decisa.

Sito web: moostrootrio.wix.com/moostroo

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Luca Paisiello
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