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Milena Medu: recensione di M

Il nuovo EP della cantautrice romana Milena Medu, intitolato M, riesce a combinare arte visuale, musica elettronica e tematiche legate alla caducità dei rapporti interpersonali nella società contemporanea.

Milena Medu

M (EP)

(Mold Records)

elettronica, industrial, gothic, dark ambient, trip-hop, dream wave

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Milena Medu_M EP recensioneDopo aver autoprodotto i suoi primi tre EP (Leak, Douchette e Premonition), la cantante e produttrice romana Milena Medu manda alle stampe un nuovo take discografico intitolato M, edito per l’etichetta Mold Records, accompagnato dalla prospettiva estetica dell’artwork curato dalla freelance Mltfnk e composto da tre tracce inedite, Made Up, Misbehave e Manshield.

Nonostante il lockdown, Milena Medu ha continuato a manipolare, modellare, alimentare, assecondare e intensificare la sua natura creativa, stilistica, visionaria e umorale (tant’è che al momento è già impegnata nella scrittura del suo prossimo lavoro, A Beast, Not a Whore), pubblicando un concept EP imbastito su linee trip-hop e sonorità ambient dream folk e gotiche, che fanno da tappeto strumentale a liriche di ispirazione kafkiana, come l’incomunicabilità nella coscienza distopica del presente.

Rispetto alle precedenti uscite, quello di Milena Medu è un progetto solista allargato che, da un lato, sembra catalizzare e polarizzare una sorta di energia mistica e spirituale nella reiterazione della lettera iniziale M (carattere alfabetico sacro e simbolo d’acqua che fa da trait d’union tra le varie parti attive della release), e dall’altro ci introduce lentamente in un perimetro sonoro ed emotivo intimo, viscerale, denso e oscuro dalle intelaiature oniriche e industriali, alternando suoni caldi come asfalto urbano e algidi fraseggi notturni, in mezzo ad immagini statiche e, al tempo stesso, sgranate, sfocate e in movimento.

Una direzione intrapresa che si materializza in distorsioni scarnificate e granulose, ritmiche circolari cadenzate, riverberate, ipnotiche, vaporee, inquiete, epidermiche, amniotiche e malinconiche, dalle quali vengono a galla reminescenze electro darkwave anni ’80 e sfumature trascendentali dei londinesi Still Corners, fino a raggiungere quell’estasi indolente e melodiosa dei Beach House.

Orchestrazione elettronica color fuliggine e vocalità liturgiche in primo piano, cariche di pathos ed intrise di atmosfere cupe, dilatate, traumatiche, morbidamente psichedeliche e dalle forme enigmatiche, ruotano attorno al tema delle contraddizioni dell’uomo nell’era post-industriale e alla conseguente caducità dei rapporti interpersonali, in una visione in bianco e nero quasi orwelliana di una società contemporanea sempre più patologicamente isolata e alla deriva.

Connettendo simbioticamente arte visuale e musica, con questo nuovo capitolo in studio Milena Medu, mostrandosi ormai nel pieno della sua maturità artistica, ci conduce dritti alla sua sound art factory, esplorando aspetti legati alle interazioni sociali e affrontando certe dinamiche che accompagnano la ridefinizione delle relazioni fra dimensione pubblica e privata nell’ecosistema tecnologico e mediatico moderno, nelle pratiche sociali incorporate nel quotidiano, finendo per negare, di fatto, come paradosso, ogni sua possibile realizzazione, evidenziando astrazione della verità, dissociazione e alterazione dalla realtà e regressione dei processi di formazione identitaria.

https://milenamedu.bandcamp.com/album/m

https://www.facebook.com/itsmedu/

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