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Malice K: recensione di Avanti

Album d’esordio per i Malice K, band guidata da Alex Konschuh, è un concentrato di grunge, indie-rock, glam e psichedelia.

Malice K

Avanti

(Jagjaguwar)

indie-rock, grunge, glam

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L’album d’esordio dei Malice K ha un titolo ambivalente che in sé racchiude l’essenza della sua genesi. Se Avanti è il nome della scuola d’arte di Olympia frequentata dai membri della band, è anche il termine che in italiano invita a procedere oltre, a muoversi da una situazione di stallo. Ed è proprio questo che ha cercato di fare Alex Konschuh: levarsi di dosso ciò che nei primi anni newyorkesi non l’ha fatto sentire bene e davvero se stesso. Mettendo in musica questa specie di diario in cui ricordi, errori ed esperienze si mescolano a sonorità che affondano le radici nella tradizione del grunge di Nirvana e Pearl Jam.

Avanti si apre infatti con Halloween, un brano che trasuda rabbia e ribellione in ogni decibel urlato dal microfono, con un riff smaccatamente anni ’90. Ma che traccia dopo traccia assume contorni nuovi, ripiegando su un’intensità mista di romanticismo e di tragedia.

Il trittico più intimista e lento di Hold Me Up, Song For My Baby e The Old House mescola i suoni del grunge con quelli del glam rock, creando un sound che non rischia di essere vittima di un cliché. Mentre Weed, Radio e Fade hanno quel tocco indie che avvolge l’ascoltatore quel tanto che basta prima di abbandonarlo nell’oblio dei suoi pensieri e delle sue emozioni.

Avanti è l’album di una band che ha imparato dai grandi del passato e che da questi cerca di emanciparsi per creare il proprio mondo piuttosto che cercare di adattarsi a quanto gli sta intorno. È uno spaccato onesto e fiero della vita di una persona, piena di contrasti e di imperfezioni, che arriva come qualcosa di ben chiaro e definito, molto più riuscito di quanto non ci si aspetterebbe da un’opera prima.

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Simona Fusetta
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