LVTVM
Irrational Numbers
(Cave Canem DIY, Controcanti Produzioni, Drown Within Records, Vollmer Industries, Zero Produzioni)
psych ambient, jazz, post metal, post-rock, prog rock sinfonico
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“Ci sono dei confini al di là dei quali non è permesso andare. Dio ha voluto che su certe carte fosse scritto: hic sunt leones.” Con questa frase il benedettino cieco Jorge da Burgos ammoniva il francescano Guglielmo da Baskerville nel romanzo Il Nome Della Rosa di Umberto Eco.
Sullo spirito arcaico e anacronistico della suddetta locuzione latina – a distanza di ben sette anni dall’esordio discografico con Adam – la band post metal toscana LVTVM (fango in latino) manda alle stampe il suo secondo album intitolato Irrational Numbers, edito per una cordata di etichette indipendenti: Cave Canem DIY, Controcanti Produzioni, Drown Within Records, Vollmer Industries, Zero Produzioni.
Composto da Alessandro Marchionni alla batteria, Carlo Bellucci al basso, Isacco Bellini al basso e Matteo Borselli ai synth, il progetto LVTVM (completamente strumentale, nato nel 2012 tra le province di Siena e Grosseto da ex componenti di Autoblastindog e Quiet in The Cave) recupera quell’orientamento autorale rimasto in sospeso con la realizzazione di Adam attraverso un lungo periodo di gestazione (a causa della pandemia) che ha portato alla fecondazione di un concept costituito da cinque tracce inedite (Holzwege, Hic Sunt Leones, Oscillator, Ouroboros, Speculum).
Sulle ceneri ancora calde della pandemia, di quelle restrizioni che hanno modificato le nostre coordinate di spazio e tempo creando squarci profondi tra le pieghe della contemporaneità, il quartetto toscano è riuscito ad ampliare il proprio raggio d’azione compositivo, aprendosi a una visione più analitica, a nuove esplorazioni orchestrali, sconfinando dal perimetro classico di quel post metal che rimanda a realtà internazionali come Cult Of Luna e Russian Circles (ma senza la tara doom) e ai connazionali Threestepstotheocean.
Numeri reali che si trasformano in numeri irrazionali, eretici, interminabili, immaginari e indivisibili, in abissi infinitesimali e anomali che si spalancano a mondi suggestivi e non standard, che ci spingono ad andare oltre i limiti della nostra capacità di comprensibilità, alla conquista delle “terrae incognitae” dell’arte, di territori inesplorati e sconosciuti – sia orribili che meravigliosi – che evocano esseri leggendari o allegorici con lo scopo di discostarci dai nostri modelli convenzionali di percezione, assecondando una molteplicità di significati che possono variare a seconda dell’ambiente e dell’esperienza in sé.
Come il fango caldo riesce a preservare tesori nascosti, facendosi metafora della sfuggente sopravvivenza e del misterioso ritorno al passato, così i LVTVM svelano un sentiero creativo che rende omaggio al pensiero del filosofo tedesco Martin Heidegger (Holzwege); un itinerario di natura strumentale, scevro della componente testuale, inserito all’interno di uno spettro polifonico di suggestioni, formati e tecniche in cui le anatomie prorompenti di asperità metalliche si mescolano a un climax di tonalità vibranti e chiaroscurali, quando con la corposità monolitica di ritmiche sostenute e abrasive, quando dilatando il proprio Speculum sonoro verso luccicanze epidermiche di psichedelia post-rock e un prog jazz sinfonico, sinistro, cinematico, quasi barocco.
Con Irrational Numbers c’è la possibilità di immergersi completamente in oscillazioni dissonanti ed apnee sensoriali dalle perpetuità cicliche di origine uroborica (Ouroboros), racchiudendo nella simbologia di quel rettile bestiale che si morde la coda l’ineluttabile loop temporale che genera l’eternità, ricercando, così, una sorta di linea di saldatura – solida ma anche flessibile – tra razionale e irrazionale, tra luce e oscurità, tra spazio e tempo, tra ciò che è passeggero e l’idea astratta d’infinito.
Quella dei LVTVM è, dunque, una posizione stilistica che coniuga intelletto e fantasia, che abbraccia mondi eterogenei, in cui l’arte si costituisce quale punto d’intersezione tra conscio e inconscio, nonostante quel morboso bisogno dell’essere umano di dover misurare tutto, di dover codificare e omologare qualsiasi cosa, facendosi a sua volta unità di misura primaria di una realtà che, però, in fin dei conti, non potrà mai controllare del tutto.
“Serpente paziente, compi il tuo cerchio, e nella morte ritrova la vita, doppia immagine divina, l’idea tutta del tempo è in te racchiusa, nell’abbraccio dei due perfetti, uomo e donna, bianco e nero, l’anima si manifesta nello spazio, il buio è reso fertile dalla luce e nel centro del diamante solare tempo ed eternità diventano Uno.” (Margaret Fuller)
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