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Love in Elevator: Il Giorno dell’Assenza

Dolcezza e irruenza s'alternano in Il Giorno dell'Assenza, terza fatica dei Love in Elevator. Voce sbarazzina pop su assalti di chitarra all'arma bianca: lo shoegaze all'italiana è qui

Love in Elevator

Il Giorno dell’Assenza

(Cd, Epic & Fantasy/Go Down/Audioglobe)

shoegaze

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love-in-elevator-il-giorno-della-assenzaQuasi dieci anni di attività, tre dischi all’attivo e diversi cambi di formazione, hanno portato i veneti Love in Elevator all’attuale cifra stilistica, fatta di un sonico mix tra sonorità di fine anni ’80 e prima metà dei ’90.

Il Giorno dell’Assenza è musicalmente a cavallo tra due decenni, quelli in cui impazzava lo shoegaze e le divagazioni più o meno soniche dell’indie italiano, che aveva improvvisamente scoperto le dissonanti ruvidezze delle chitarre in distorsione.

I Love in Elevator ultima versione non possono non rimandare agli Scisma, la prima creatura di Paolo Benvegnù, così come – ovviamente – ai Sonic Youth.

Dolcezza (per valorizzare il cantato) e irruenza (I Cieli di Munch su tutte) s’alternano in un album su cui la voce di Anna Carazzai infonde un velo di pop sbarazzino, in cui affondi di chitarre e assalti percussivi confondo l’ascoltatore, tra episodi che sono dei veri e propri gioielli, come la title track Il Giorno dell’Assenza (che rimanda addirittura ad alcune cose del periodo d’oro della 4AD), e qualche pezzo un po’ difficile da mandare giù. Comunque un album da ascoltare (ad alto volume) e una band da continuare a tenere d’occhio.

Tra gli ospiti del disco, Luca Ferrari dei Verdena alle percussioni.

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Massimo Garofalo
Massimo Garofalo

Critico cinematografico, sul finire degli anni '90 sono passato a scrivere di musica su mensili di hi-fi, prima di fondare una webzine (defunta) dedicata al post-rock e all'isolazionismo. Ex caporedattore musica e spettacoli di Caltanet.it (parte web di Messaggero, Mattino e Leggo), ex collaboratore di Leggo, il 4 ottobre 2002 ho presentato al cyberspazio RockShock.
Parola d'ordine: curiosità.
Musica preferita: dal vivo, ben suonata e ad altissimo volume (anche un buon lightshow non guasta)

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