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Lambrini Girls: recensione di Who Let The Dogs Out

Who Let The Dogs Out non è solo l'ottimo album d'esordio delle Lambrini Girls, ma un documento importante del punk contemporaneo. Dimostra come si possa rispettare la tradizione innovandola, come si possa essere politici senza cadere nella retorica.

Lambrini Girls

Who Let The Dogs Out

(City Slang)

garage-rock, punk-rock, riot grrrl, alternative

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Nel panorama musicale contemporaneo, dove il mainstream tende a omogeneizzare ogni proposta artistica, emerge un album che riporta il punk alle sue radici più autentiche e sovversive. Who Let The Dogs Out, il debut album delle Lambrini Girls, si presenta come un manifesto sonoro che fonde l’eredità delle Riot Grrrl con una sensibilità contemporanea devastante.

Il DNA sonoro del duo di Brighton affonda le radici nel terreno fertile del post-punk britannico, con evidenti riferimenti ai primi Le Tigre e alle Sleater-Kinney. Ma c’è di più: il modo in cui Phoebe Lunny maneggia la chitarra ricorda i momenti più incandescenti dei Wire, mentre il basso di Lilly Macieira costruisce architetture sonore che sembrano uscite dal songbook dei Gang of Four.

L’album si apre con Bad Apple, un manifesto sonoro che trasforma la rabbia politica in un’arma affilata, con un riff che taglia come una lama.

Company Culture demolisce il patriarcato aziendale con un sarcasmo tagliente che ricorda le prime X-Ray Spex. Ma è forse Cuntology 101 a rappresentare il momento più audace del disco, virando verso territori electro-punk che ricordano i primi Buzzcocks, ma con un’attitudine tutta contemporanea.

Le lyrics navigano territori familiari al punk – dalla brutalità della polizia (Bad Apple) alla mascolinità tossica (Big Dick Energy) – ma è l’approccio a fare la differenza. Il modo in cui affrontano temi come la gentrification in You’re Not From Around Here ricorda la critica sociale dei Dead Kennedys, mentre Nothing Tastes As Good As It Feels affronta i disturbi alimentari con una potenza narrativa che richiama le prime Hole.

La produzione mantiene deliberatamente un’estetica lo-fi che ricorda i primi lavori dei Black Flag, ma con un’attenzione al dettaglio sonoro che rivela influenze moderne. I momenti più sperimentali dell’album mostrano echi dei Sonic Youth, specialmente nella destrutturazione noise di Love.

In un’epoca in cui il punk rischia di diventare una caricatura di se stesso, le Lambrini Girls riescono nell’impresa di suonare autentiche e rilevanti. Non sorprende che abbiano già ottenuto l’endorsement di figure come Iggy Pop e Kathleen Hanna – il loro suono rappresenta infatti una perfetta sintesi tra la tradizione punk e le urgenze del presente.

Who Let The Dogs Out non è solo un ottimo album d’esordio, ma un documento importante del punk contemporaneo. Dimostra come si possa rispettare la tradizione innovandola, come si possa essere politici senza cadere nella retorica, come si possa essere arrabbiati mantenendo il senso dell’umorismo. Un disco che conferma come il punk, quello vero, sia ancora la migliore colonna sonora per raccontare il presente.

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Massimo Garofalo
Massimo Garofalo

Critico cinematografico, sul finire degli anni '90 sono passato a scrivere di musica su mensili di hi-fi, prima di fondare una webzine (defunta) dedicata al post-rock e all'isolazionismo. Ex caporedattore musica e spettacoli di Caltanet.it (parte web di Messaggero, Mattino e Leggo), ex collaboratore di Leggo, il 4 ottobre 2002 ho presentato al cyberspazio RockShock.
Parola d'ordine: curiosità.
Musica preferita: dal vivo, ben suonata e ad altissimo volume (anche un buon lightshow non guasta)

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