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Kodaclips: recensione di Gone Is The Day

Con Gone Is The Day, I Kodaclips restano 'fedeli alla linea' dello shoegaze, ma nel contempo sembrano voler dimostrare di poter anche guardare oltre, senza necessariamente limitarsi a fissarsi le scarpe.

Kodaclips

Gone Is The Day

(Sister 9 Recordings)

shoegaze

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Nonostante non sia più un ragazzino, avvicinandosi ormai agli ‘anta’, lo shoegaze non smette di riverberare i propri effetti anche sulla scena italiana.

Fattisi conoscere dagli appassionati del genere un paio di anni fa con il loro esordio Glances, i cesenati Kodaclips hanno nel frattempo accumulato esperienza, suonando a fianco anche di band come Slowdive (nel novero dei fondatori del genere) e A Place To Bury Strangers.

Esperienza accumulata e messa a frutto in occasione di questo secondo passo, che esce per la mancuniana Sister 9 assieme alla pesarese Black Marmalade e che potrà contare sulla distribuzione negli Stati Uniti, grazie a Little Cloud.

I dieci pezzi di Gone Is The Day si muovono almeno inizialmente su terreni abbastanza conosciuti.

I classici muri di chitarre sovrapposte (manco a dirlo), il ‘corpo’ dato dalla sezione ritmica; una vocalità che deve tanto a Morrissey e compagnia, che a tratti si perde un po’ nell’inesausto fluire e rifluire degli strumenti.

Disagio interiore nemmeno tanto velato (Deadlock, Failure), un certo senso di alienazione urbana comunicato dai video di accompagnamento.

Così, attraverso brani che non disdegnano a tratti di strizzare l’occhio a sonorità un po’ più facili – Fall Apart è forse il brano più pop dell’intero lotto – si giunge a un finale in cui il quartetto sembra concentrare invece la voglia di evadere un po’ dagli stilemi: e così ecco una Number 87 in cui i giri si alzano fino a sfiorare territori metal, mentre Surface assume una consistenza liquida, accompagnata da scricchioli e accenti rumoristici che, assieme a voci che sembrano venire da ‘altrove’, si veste di inquietudine, e la conclusiva Sleep Doom Shelter è un brano all’insegna di una vaga psichedelia con un finale in crescendo, quasi arrembante.

I Kodaclips insomma restano ‘fedeli alla linea’, ma nel contempo sembrano voler dimostrare di poter anche guardare oltre, senza necessariamente limitarsi a fissarsi le scarpe.

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Marcello Berlich
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