Klaxons
Surfing The Void
(Cd, Polydor)
electro-rock, nu-rave
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Altro che esercito del surf. La nuova generazione è arrabbiata e disperata. E i Klaxons, la band inglese che nel 2006 ha esordito con Myths Of The Near Future, sono degni rappresentanti di questa schiera di giovani con i pugni in tasca.
Il secondo lavoro della band londinese, Surfing The Void, è un viaggio allucinato attraverso atmosfere plumbee e angoscianti, piene di echi e di stridii, che riprendono il mood del primo album rendendolo però ancora più scarno e ipnotico. Le tastiere modaiole di Myths Of The Near Future in questo disco vengono sostituite con chitarrine tirate. Stessa angoscia dell’esordio, ma con più rabbia e con più pessimismo.
La virata più vistosa in direzione di un indie rock cupo e irreale, ai livelli di quello degli Interpol, è costituita da Echoes, il brano iniziale, a cui segue The Same Space, carico di chitarre cigolanti e ruvide.
E se nella title track il clima di ansia è reso con suoni sporchi e grida assillanti, in Venusia lo stesso effetto è invece raggiunto attraverso chitarre distorte e ripetitive e cori epici, il tutto maestosamente sorretto da un apocalittico synth.
Extra Astronomical è piena di suoni acidati e claustrofobici, che vengono sublimati nella traccia successiva, Twin Flames, un brano siderale e indecifrabile il cui ascolta lascia un inspiegato senso di inquietudine.
In conclusione, la decadente Cypherspeed, dove le chitarre strascicate e la sezione ritmica ossessiva creano un brano da incubo.
Non c’è il minimo spiraglio di luce in questo disco. Non c’è né consolazione né redenzione, ma solo rabbia deflagrante incanalata a fatica in note dissonanti e in disperati battiti di batteria. E il risultato finale è talmente intenso da lasciare senza fiato.
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