Killin’ Baudelaire
Vertical Horizon
(Bagana/Pirames International)
metalcore, growl, scream
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Dopo la pubblicazione, quattro anni fa, dell’EP It Tastes Like Sugar, ed una intensa attività live nei più prestigiosi festival italiani ed europei alle spalle, la all female metalcore band Killin’ Baudelaire, originaria di Milano, torna sulle scene con il primo full length dal titolo Vertical Horizon, edito lo scorso per Bagana/Pirames International ed anticipato dall’uscita del video di Lulluby.
Potremmo racchiudere l’orizzonte verticale delle Killin’ Baudelaire nell’ossimoro baudelairiano della sua celebre poesia A Un Passante, specificatamente nel verso “… la dolcezza che incanta e il piacere che uccide”: due tratti tipici della femminilità presenti nella donna misteriosa, secondo Baudelaire. Sebbene il titolo, ad una lettura più superficiale e maliziosa, lasci immaginare ben altri orizzonti verticali.
Uccidere Baudelaire, padre della corrente del Decadentismo, come metafora della necessità di rompere con il passato, ma senza riuscire a distaccarsene del tutto. Difatti, per un gruppo metal tutto al femminile non è mai semplice farsi largo in mezzo alle strette maglie della mentalità maschilista che, da sempre, circonda l’ambiente rock, nonostante ne sia passata di acqua sotto i ponti dai tempi delle Runaways e Lita Ford.
Verosimilmente, questo è il messaggio che il quartetto milanese, nella nuova formazione (Martina Ungarelli, Martina Riva, Alice Pandini, Elisa Montin), esprime con la sua arte melodica, oppiacea e dirompente. La lotta contro le discriminazioni passa attraverso un’aggressione strumentale minacciosa, struggente, malinconica e animalesca, che si fa strada tra i solchi impolverati del nu-metal e del metalcore di matrice svedese, eccezion fatta per l’intima ballad Building Ends.
Dal connubio tra questi due generi musicali di riferimento (metalcore e nu-metal) scaturisce il “metal brutale e tacchi a spillo” delle Killin’ Baudelaire: un sound ruvido, dall’impatto emotivo energico, che mette in secondo piano la componente testuale per dare, invece, ampio respiro sia alla parte strumentale, brutale, istintiva e puramente fisica, che al cantato rabbioso, growl e scream di Martina “Cleo” Ungarelli.
Vertical Horizon è, dunque, l’animo sofferente della modernità (spleen) sviscerato dalle quattro di poetesse maledette e viene rafforzato da un’attitudine rock che prende le distanze dalle logiche di mercato del momento e che, senz’altro, verrà apprezzato dagli amanti del genere.
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