Kelli Ali
Rocking Horse
(Cd, One Little Indian)
folk, trip-hop
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Kelli Ali è un nome che agli addetti ai lavori non suonerà nuovo, soprattutto se associato agli Sneaker Pimps, band che ha ottenuto un successo internazionale con un solo album, Becoming X, ma che è altrettanto velocemente ricaduta nel dimenticatoio in seguito all’allontanamento della voce femminile. Kelli si ricicla così come solista, dando alle stampe Tigermouth nel 2003 e Psychic Cat nel 2004, semplici abbozzi di un progetto futuro più maturo ed intimista.
Rocking Horse apre la via ad un genere diverso, più bucolico, nato da un girovagare nel continente americano fatto di nottate sotto le stelle e falò nei boschi. E’ l’amore per la natura, ma soprattutto per la vita, il tema cardine intorno a cui si snodano liriche emozionanti e coinvolgenti. Odi al creato, filastrocche, riflessioni sui viaggi diventano parole cantate con voce leggera ma piena, accompagnate da arrangiamenti scarni.
Anche la strumentazione è in un certo senso scarna, ma al contempo varia ed inusuale: violino, violoncello, corno inglese, flauto, organo e piano accompagnano l’onnipresente chitarra su melodie folk moderne (come in Urique), ballate dal sapore medievale (The Savages) e brani melodici più contemporanei (Flowers).
Si sente che in questo album c’è molto di chi lo ha composto, che non è stato fatto solo per soldi o pubblicità, come spesso avviene. Sono pezzi che hanno cuore, brani onirici che fanno sognare o riflettere, in un turbinio di gioia e tristezza infinita. Ma anche se ci sono tutti gli ingredienti giusti per un capolavoro, il rischio è quello di appiattirsi in canzoni che si susseguono una uguale all’altra, apparentemente senza quella forza necessaria a veicolare lo splendido messaggio insito in loro e farlo giungere quindi al cuore, più che all’orecchio, dell’ascoltatore. Per fare di Rocking Horse più di un semplice, ma mediocre, album di trip-hop.
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