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Karma: recensione di K3

Tornano i Karma e K3 è il disco che mancava alla musica italiana. Nessuno, sino ad oggi, aveva mai osato andare a prendere i capisaldi del sound internazionale alternativo, mescolandoli con grazia alla tradizione melodica prettamente tricolore

Karma

K3

(VRec)

alternative

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Quando, nel pieno della pandemia, iniziò a girare con una certa insistenza la notizia di un possibile ritorno sulla scena dei Karma, i fan della prima ora non riuscivano, giustamente, a credere alle proprie orecchie.

Ogni tanto un segnale sui social, poi una serie di news spezzettate, sino a quando si è materializzato quello che tutti speravano e che, fondamentalmente, in fondo al cuore si auspicavano dal lontanissimo 1998, ovvero la paventata reunion con tanto di nuovo disco, precisamente il terzo della loro breve, ma a questo punto, lunga carriera.

Un lavoro, K3, che porta interamente la firma del loro leader maximo, al secolo David Moretti, trasferitosi da anni negli Stati Uniti, ma che è rimasto con il suo spirito a Milano e in Italia, come se fosse combattuto tra il senso di necessità lavorativa e la forza legata all’amore verso le sue radici.

Detto questo, e facendo i complimenti alla VREC che ha messo sotto contratto la band senza pensarci due volte, è opportuno entrare maggiormente nel dettaglio per capire cosa si troverà dinnanzi l’ascoltatore nostalgico o quello che, invece, è mosso dalla semplice curiosità di capire come andavano le cose nei mitici anni novanta.

Bene, dopo svariati ascolti, sembra che nulla si sia interrotto, visto che la qualità compositiva è decisamente elevata, anzi, se proprio vogliamo essere pignoli, è altamente migliorata rispetto al passato.

Moretti ha indirizzato i suoi compagni verso un sound più duro che, probabilmente, paga dazio a gente come Tool, Alter Bridge e Soen, tanto per nominare un trittico da paura.

La matrice sonora internazionale, a cui fa splendidamente da contrasto il cantato in italiano, è un punto di forza assoluto di questo nuovo disco e lo si capisce, quando ci si trova innanzi a due brani come la potentissima Corda Di Parole e alla cadenzata Neri Relitti, con quest’ultima che ha il merito di esplodere come una bomba in sede di ritornello.

La band suona in modo eccellente e non avverte mai cali di tensione. Ci sono momenti di riflessione liquida (Luce Esatta) a cui fa da contraltare un pezzo che non dovrebbe fare prigionieri in sede live come Il Monte Analogo che ha un’apertura melodica da spezzare il cuore. I Tool, soprattutto per quanto riguarda le introduzioni e il ruolo giocato dalla batteria di un grandissimo Diego Besozzi, vedono una citazione degna di tal nome in Abbandonati A Me, traccia che cresce con il passare degli ascolti. La performance di Moretti si rivela un gioiellino. La sua voce è decisamente migliorata rispetto al passato, con il cantante che sa cosa fare nei momenti più tranquilli, così come in quelli più movimentati.

Un’altra gemma è Atlante che ha delle melodie trasversali che si apprezzano da subito. E come poi, non citare l’incredibile cambio di registro all’interno di Goliath (Gramigna) dove all’improvviso si accelera per poi ritornare su una stasi sognante da vera e propria pelle d’oca.

Come tradizione, inoltre, chi conosce i Karma sa che essi concludono i loro lavori con dei brani lunghi, quasi fossero delle jam. Era successo con i primi due dischi ed accade anche qui con Eterna, preceduta dalla intensa Ophelia, altra chicca dell’album. Quest’ultima traccia, infatti, è una specie di bignami dell’alternative/metal del 2000 che, probabilmente, nel secolo precedente i nostri non avrebbero mai scritto.

Adesso, cambiando i tempi, si modificano ascolti e influenze e i cinque milanesi si sono catapultati bene in quelli che sono gli anni duemila, suonando con l’entusiasmo tipico di giovani ventenni, ma con la maturità artistica di chi ne ha viste tante davanti ai propri occhi.

Cosa dire di più rispetto a queste poche righe che non possono, chiaramente, essere esaustive? Nulla di più se non che K3 è il disco che mancava alla musica italiana. Nessuno, sino ad oggi, aveva mai osato andare a prendere i capisaldi del sound internazionale alternativo, mescolandoli con grazia alla tradizione melodica prettamente tricolore. Scrivere che questo sia il disco dell’anno, ci pare semplicemente riduttivo. Qui, fortunatamente, rischieremo di parlare di K3 anche tra dieci anni, perché davvero non c’è nulla di sbagliato o, forse, si. Avremmo voluto che il comeback dei milanesi durasse almeno due ore, ma non siamo stati accontentati. Occhio, però, ai prossimi mesi, perché le novità non sono ancora terminate.

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Francesco Brunale
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