Iosonouncane e Paolo Angeli
Jalitah
(AnMa Productions, Tanca Records)
folk etnico mediorientale, folk acustico, avant-garde, world music, folk mediterraneo elettronica fusion
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Dopo la pubblicazione degli ultimi progetti solisti di Iosonouncane e Paolo Angeli, rispettivamente Ira (2021) e Rade (2022), esce Jalitah, il live album registrato da Azzurra Fragale che documenta la collaborazione tra i due cantautori sardi durante un tour teatrale realizzato nel 2018.
Edito per l’etichetta di Incani Tanca Records e AnMa Productions, Jalitah (in italiano La Galita) indica il nome di un arcipelago situato nel canale sardo-tusino – a sud di Capo Spartivento e a nord della città di Tabarca – e rappresenta appieno l’anima cosmopolita di questo progetto poliritmico dai registri eterogenei, di uno sguardo che si spinge oltre il concetto di barriere geografiche, fino a dissolvere ogni confine tra spazio e tempo, tra memoria e contemporaneità.
C’è una sorta di filo conduttore tra spiritualità e fisicità terrena, tra entroterra sardo e africano, tra musiche del deserto e culture nomadi, ed è nel campo liquido del Mediterraneo che Iosonouncane e Paolo Angeli, due delle voci più autorevoli della Sardegna contemporanea, condensano e armonizzano le proprie visioni di fare musica, come pescatori mazaresi e tunisini che continuano a gettare le reti nello stesso mare, rievocando un linguaggio d’avanguardia in espansione dinamica, dalle forme inquiete, introspettive e costantemente in divenire, attraverso un crescendo di fragranze aromatiche inebrianti, atmosfere liturgiche (quasi trascendentali), stratificazioni vibranti, vènti di scirocco nordafricani e percorsi interculturali dai riflessi sabbiosi e legnosi.
Uno scenario caleidoscopico nel quale solennità lirica e misticismo elettronico di Iosonouncane si muovono in simbiosi con le tessiture istintive e melodiche di chitarra sarda di Paolo Angeli, generando un crocevia artigianale di colori che affascinano, di musiche che coinvolgono, di mescolanze tra folk etnico e danze tribali del mondo arabo, tra ricchezza percussiva afrocentrica e sentimento flamenchero dal tratto gitano-andaluso, accompagnate dal collante identitario di quelle semenze ritmiche che affondano le proprie radici nell’humus folk-acustico della tradizione popolare sarda.
Così, facendosi soundtrack di una vera e propria esperienza immersiva, di un viaggio primitivo, denso e ipnotico, Jalitah si costituisce quale veicolo di emozioni propedeutiche alla riflessione, alla meditazione, ad esaltare il valore inclusivo delle diversità e a preservare l’unicità del legame con il proprio territorio, quando recuperando ballate nel rispetto di certo cantautorato classico dai profumi battistiani (Carne), quando nel dark blues misto a folktronica celtica di Summer On a Spiaggia Affollata, a fare da contraltare alla “solitary beach” di Franco Battiato, e a simboleggiare i numerosi sbarchi di migranti: storie di disperati in fuga da guerra e da povertà, mentre la vita di tutti gli altri va avanti comunque, con le abitudini di sempre.
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