Via Crucis è un viaggio nell’Italia dell’immoralità, della cronaca nera e delle speranze. In questa piacevole chiacchierata Francesco Bresciani, voce dei Karenina, ci illustra meglio i passaggi chiave del loro album uscito quest’anno e disponibile in download gratuito.
Rockshock: non ho trovato da nessuna parte i nomi dei componenti del gruppo: è una vostra scelta?
Francesco Bresciani: Siamo talmente identificati nel nostro progetto che ultimamente non segnaliamo quasi più i nostri nomi! Stavamo dimenticando di farlo anche nelle grafiche per il vinile: abbiamo dovuto inserirli all’ultimo! Comunque siamo: Francesco Bresciani (voce) Giuseppe Falco (chitarre) Francesco Zini (basso) Ottavia Marini (piano e synth) ed Enrico Brugali (percussioni).
RS: Il nome Karenina è preso dal romanzo di Tolstoj?
FB: Sì, anche se indirettamente. Nel disco del nostro vecchio gruppo, Triste Colore Rosa, c’era un pezzo intitolato Madame Karenina, legato appunto ad Anna Karenina di Tolstoj e Madame Bovary di Flaubert. Un pezzo particolare, l’unico che non suonavamo mai dal vivo. Da lì nasce il nome Karenina, un’auto citazione che è di per sè una citazione!
RS: Nella recensione ho elogiato la vostra capacità di passare con semplicità da un genere all’altro, citando Frank Zappa come ispiratore principale: è un’impressione corretta? Chi sono le altre fonti di ispirazione?
FB: La tua impressione è corretta, il nostro passare attraverso i generi è un qualcosa che ci viene molto naturale: penso sia dovuto principalmente al fatto che ogni membro del gruppo ha ascolti e amori musicali molto eterogenei e, spesso, diversi. Tutti questi ascolti poi si riversano all’interno del processo di composizione dei brani, che per noi è sempre un lavoro di insieme che coinvolge più che attivamente tutte e cinque le nostre teste. Difficile quindi citare fonti di ispirazione precise, potrebbero essercene tantissime!
RS: Come nascono i brani dei Karenina? C’e sempre un’idea principale prima di suonare o si prova in sala fino a quando quest’idea viene a galla da sola?
FB: I brani di Via Crucis sono nati in maniera un po’ diversa rispetto a quelli dei dischi precedenti. Non sono nati suonando, bensì sperimentando. Sperimentando sulle strutture e sugli arrangiamenti prima, e sul suono e le parole poi. E’ stato un lavoro molto metodico e cerebrale, pensa che i brani li abbiamo suonati tutti insieme “da gruppo” solo dopo che il disco è uscito, per poterli proporre live. La loro composizione e realizzazione è avvenuta lavorando in studio, partendo da idee musicali e di struttura, facendole crescere, evolvere, fino al raggiungimento del fine che è la canzone. Anche per questo i brani hanno andamenti spesso imprevedibili, e sono lontani dalla classica forma canzone a cui siamo abituati.
RS: Personalmente adoro come strumento il didgeridoo: come vi è venuta l’idea di utilizzarlo nel brano 811 Km Il Sudore In Nota Spese? È un brano che musicalmente esula un po’ dal disco: in realtà quale è il filo conduttore?
FB: Nel disco abbiamo ospitato alcuni artisti che stimiamo e che consideriamo amici. Tra questi ci sono gli Hibagon, duo potentissimo di Bergamo, che hanno partecipato alla composizione e alla registrazione di 811 km Il Sudore In Nota Spese. Il didgeridoo è stato suonato proprio da Jacopo degli Hibagon e in quel pezzo ci sta benissimo. Si tratta, come hai giustamente notato tu, di un brano particolare, innanzitutto perché è l’unico strumentale, una sorta di raccordo tra ciò che nel disco viene prima e ciò che viene dopo, un sentiero da percorrere in mezzo a due delle tappe che compongono la nostra “Via Crucis”. Il nostro disco è un viaggio, e 811 Km Il Sudore In Nota Spese sottolinea, anche nel titolo, questo aspetto “da strada”.
RS: In Hey Tu! l’attore Walter Tiraboschi (altro ospite del disco, ndr) recita: “Se non trovi il colpevole, fatti qualche domanda, e datti una sola risposta: che forse il colpevole sei tu”. Dopo questa presa di coscienza quale è il passo successivo? Cioè cosa deve fare questo “colpevole” per migliorare la sua situazione?
FB: L’invito del testo di Hey Tu! è un invito a guardarsi un po’ dentro, a farsi una domanda fondamentale quando si fanno analisi di situazioni più o meno spiacevoli, come quella che tentiamo di fare noi sul nostro paese con Via Crucis. La domanda fondamentale in questione è: “io che responsabilità ho in tutto questo?” Quando ci si pone su un piano di giudizio, non dovrebbe mai mancare una prima analisi sulle proprie responsabilità, perché spesso chi giudica dovrebbe essere il primo ad essere giudicato, e in certe situazioni le colpe vanno divise tra tutti, magari non in parti uguali, ma comunque divise tra tutti. Già questa presa di coscienza è un buon passo da compiere; il successivo può essere quello di muovere il culo e fare qualche cosa per permettere a tutti di vivere meglio.
RS: C’e un altro verso molto forte che colpisce, stavolta in L’Italia E’ Bellissima (“L’Italia è bellissima ma ci vivono le bestie”): per i Karenina chi sono queste bestie?
FB: Ricollegandoci al discorso di prima, le bestie sono un po’ tutta la gente che abita questo paese. E’ una generalizzazione forte, lo sappiamo, e come tutte le generalizzazioni spara a zero, ma il verso è forte proprio per questo, perché non fa sconti. La sensazione è quella di vivere in un paese bellissimo, abitato da un popolo che è in grado solo di calpestarne il suolo, un popolo dalla moralità spesso ambigua, utilitaristica. In Italia accadono cose che all’estero sarebbero impensabili: politicamente abbiamo sempre fatto figure che sarebbe meglio nascondersi. Siamo da sempre conosciuti per una certa malizia che sconfina costantemente nel turlupinare e questo è veramente odioso. Le bestie siamo un po’ tutti, finche non ci decideremo, tutti insieme, di cambiare marcia e farla cambiare anche a questo Paese.
RS: Via Crucis si apre e si chiude con due date che comprendono il periodo di tempo tra l’uccisione di Yara Gambirasio e il ritrovamento del suo corpo: come si intreccia questa vicenda di cronaca nera con il vostro viaggio attraverso l’Italia immorale?
FB: La vicenda è una sorta di contesto, sia spaziale sia temporale: è una vicenda che fa da sfondo al viaggio, una partenza e un arrivo che coincidono. Nei brani non vi facciamo mai riferimento esplicito, proprio perché si tratta di uno sfondo. Nel disco si citano, indirettamente, altri casi legati alla cronaca nera italiana degli ultimi 20 anni: quello della cronaca è una sorta di sotto-livello di comprensione presente nell’album, una sorta di “metafora reale”. E’ una realtà che si fa sfumata in modo tale che funga da immagine, da oggetto di similitudine utile a noi per proporre in tutta forza il tema principale dell’album che è, come detto prima, l’inadeguatezza e l’irrisolutezza di un intero Paese, il nostro.
RS: Quale è il messaggio finale che volete dare ad un ragazzo che è indeciso se lasciare o non lasciare il nostro Paese? Alla luce del fatto che magari le opportunità di lavoro sono maggiori all’estero…
FB: Bella domanda. Chi ha la possibilità di lasciare l’Italia, magari perché ha una professionalità spendibile all’estero, in questo momento farebbe bene a farlo a mio parere, perché troverebbe le possibilità di essere maggiormente gratificato e valorizzato. Nel momento in cui chi espatria tornerà (prima o poi tornano tutti) potrà portare il buono che ha sviluppato all’estero. D’altro canto, chi rimane dovrebbe darsi una mossa, noi per primi, per migliorare una situazione disastrosa. Sì, l’aspetto lavorativo ad oggi è preponderante, ed è il primo fattore che porta all’espatrio. C’è poco da discutere.
RS: L’ultima domanda a sfondo politico: come pensi si stia comportando il Governo rispetto a questo problema?
FB: Non si può negare che il Governo stia provando a muoversi per cercare di modificare ciò che regola il mercato del lavoro, e spero lo faccia per aumentare l’occupazione che attualmente è ai minimi storici. Il Job act sarà una prova del fuoco, e solo nel momento in cui sarà attivo e inciderà realmente sulla gestione dei rapporti di lavoro potremo giudicare la sua effettiva validità. Si spera che tutto questo sia fatto nell’interesse della gente e non dei soliti noti, o poco noti, che si riempiono le tasche.
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