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Intervista a Giorgio Canali

Intervistiamo Giorgio Canali in occasione della recensione del suo nuovo album Perle per Porci, repertorio di brani altrui che il musicista originario di Predappio ha fatto sue canzoni che meritano di essere rispettate e ascoltate

Ho seguito Giorgio Canali dai tempi della colonna sonora di Tutti Giù per Terra, film tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Culicchia, apprezzandolo particolarmente nel dopo CSI con l’uscita di Tutti contro Tutti, Nostra Signora della Dinamite e l’intenso ed elettrico Rojo, il suo ultimo album.

La pubblicazione di Perle per Porci spiazza tutti perché non si tratta di un album di inediti, ma di 13 canzoni di artisti a lui molto cari che hanno scritto canzoni che Giorgio ha amato, che ha sentito di condividere con il proprio pubblico e che vuole suggerirci di ascoltare perché ne vale la pena.

RS. Hai pubblicato Perle per Porci, disco di canzoni reintepretate, permettendoci di conoscere, oltre a De Gregori e Finardi, anche artisti che non hanno avuto la fortuna di essere stati promossi adeguatamente.

GC. O di essere pubblicati in un circuito piuttosto marginale. Ci sono cose nell’album che bene o male sono uscite, sono state anche pubblicate, altre che è materiale poco conosciuto.

RS. Da Vasco Brondi, di cui hai fatto una bella interpretazione di “Lacrimogeni”, a “Luna Viola” che apre il terzo album dei Santo Niente. Fino ad artisti che pochi ricordano persino il nome.

GC. Il fatto è che negli anni ho cercato di ascoltare delle cose, di riascoltarle tante volte. Io di solito lo faccio con la musica che mi emoziona in qualche maniera. Succede che riascoltando queste canzoni dici “che peccato che questa roba non l’ascolta nessuno”. Poi pensi “mi piacerebbe farla questa cosa, prima o poi la faccio mia”. Perle per Porci è una collezione personale del mio universo, se vuoi.

RS. Un fan magari si chiede “chissà che cosa ascolta il mio artista preferito”, e poi scopri che in un album come questo ci sono De Gregori, Le Luci della Centrale Elettrica e artisti che nessuno ha mai conosciuto come i Mary in June di cui sei produttore artistico.

GC. Non ho curato la produzione, nel loro album “Tuffo” che esce addirittura adesso, dopo la pubblicazione del nostro, ho curato le voci e sono stato attento all’universo sonoro. Sai com’è, mi sono un po’ rotto di fare il produttore, quindi mi trovo in qualche modo a dare una mano a qualche amico che ha voglia di coinvolgermi e non posso dire di no, mi diverte anche stare in studio.

RS. Molti artisti finisce che non hanno molto da dire, sono pochi i gruppi che negli ultimi anni sono venuti fuori bene, stanno dando qualcosa alla musica italiana. Negli anni 90, quando i CSI erano nel pieno del fulgore elettrico, sono esplosi altri gruppi, dai Marlene agli Afterhours, ai Ritmo Tribale. Oggi abbiamo poca qualità, o no?

GC. A me sembra che comunque ci sia sempre della gran bella roba in giro, buona. Il mondo dei concerti dal vivo non è frequentato come quindici anni fa perché ci sono meno soldi e meno locali. Non mi sembra ch ci siano meno cose nel panorama musicale italiano. C’è più merda, chiaro. È molto più facile prodursi un album con pochi soldi, quindi cani e porci lo fanno. Però starei attento a dire che non c’è più niente. Secondo me è sempre abbastanza raro trovare della roba bella dagli anni 70 in poi, però continuamente ce né, non credo che Fast Animals and Slow Kids siano nessuno, sono dei ragazzi che stanno facendo delle ottime cose, resta da vedere poi se negli anni sia più facile bruciarsi o meno. Vero che la produzione della musica è diversa rispetto a qualche anno fa, ma c’è un sacco di roba figa in giro.

RS. Tu hai fatto uscire questo disco con un singolo, Tutto è Così Semplice, una canzone di Michele Stefani. Non è facile essere inseriti in questo mondo soprattutto quando hai delle buone canzoni da far uscire fuori.

GC. Credo che non sia facile e non lo è mai stato. I Plasticost (“Canzone Dada”) negli anni 80 erano un gruppo fantastico, hanno avuto un minimo di ribalta, erano geniali, nell’album Perle per Porci ci sono un sacco di esempi così. I Frigidaire Tango (“Richiamo”) considerati uno dei gruppi più interessanti della new wave italiana hanno avuto un pubblico piccolissimo ed una limitata visibilità. Queste canzoni le ho interpretate perché le ho conosciute e ho incrociato la gente che le ha scritte, probabilmente un tributo ai miei amici, alle cose che mi sono piaciute negli anni.

RS. Mi Vuoi Bene o No è un brano di Angela Baraldi con cui vinse il Canzoniere dell’Estate nel 1993, la  ricordo bene quando uscì, lei molto brava a livello artistico anche come attrice  protagonista in Quo Vadis, Baby? di Gabriele Salvatores. Ricordo che fece un tour con Zamboni dove hanno riproposto il vostro vecchio materiale.

GC. Ha anche fatto il tour “Ciò che non deve accadere accade” con i post-CSI, c’eravamo tutti tranne Ferretti, con lei che cantava. Gli ultimi tre anni della nostra vita sono andati avanti così. Anche per questo non ho avuto il tempo per scrivere un album di inediti, con varie situazioni di quel tipo. Luca Martelli, il batterista dei Rossofuoco, diventato anche il batterista dei Litfiba, è stato coinvolto nella loro tournee della Trilogia del Potere, i primi tre album rifatti con la formazione originale, con Luca al posto di Ringo che non c’è più e io che ero il fonico all’epoca e ho fatto anche questo live con loro. Alla fine sai siamo stati impegnati in giro e anche questa è la ragione per cui è uscita questa compilation di canzoni che avevo in testa, non tanto perché non avessi molto da dire, ma proprio perché non sono stato fermo negli ultimi 4-5 anni per mettersi lì a ragionare su un album di inediti. In effetti è stato facile, era una cosa che avevo in testa da sempre, titolo compreso perché questo Perle Per Porci viene dagli anni ottanta, da quando ho cominciato a sentirle, queste perle, dicendo “questa canzone è magnifica e nessuno la sentirà mai, o pochissimi la sentiranno”. Non è che adesso le sentiranno di più, anche perché il mio pubblico non è vastissimo, però nel mio piccolo vorrei riuscire almeno a diffondere un po’ di musica buona. Almeno credo.

RS. A noi fa piacere perché ci permette di ascoltare anche altri musicisti. Non ti faccio la classica domanda su quando arriva il nuovo disco.

GC. Ci ho preso gusto, guarda (ride), ho preso gusto a rifare cose che nessuno conosce. La mia voglia è di fare un altro Perle Per Porci però completamente minimale, non dico acustico, ma meno fragoroso, meno elettrico, con canzoni sussurrate o strappamutande. Probabilmente nel tempo perso lo farò, poi è chiaro che appena arriverà la fine di questa tournee penseremo ad un album di inediti. L’avevamo quasi fatto, c’era già quasi tutto nel 2012, praticamente l’anno dopo l’uscita di Rojo, era già pronto dal punto di vista musicale. Noi abbiamo una maniera singolare di scrivere: ci chiudiamo in studio, i registratori e il multitraccia accesi, improvvisiamo delle canzoni ipotetiche con delle strutture strofa-ritornello che ci piacciano e che ci invogliano a vedere dove arrivano, e poi io di solito scrivo melodie e testi dopo…

RS. …quando poi ti viene l’ispirazione, chiaro, quando è il momento giusto…

GC. Questa volta non c’è stato proprio il tempo, perché alla fine (della tournee di Rojo) abbiamo cominciato a fare altre cose come l’omaggio ai Joy Division (sempre con la Baraldi), tutte le cose con Zamboni e anche i post-CSI, la storia della reunion dei Litfiba originali nella quale ci son cascato, quindi un anno è andato via così. Questa è stata poi la ragione.

RS. Non puoi mai rimanere fermo, sei sempre in movimento e qualcosa devi pur fare in qualche modo.

GC. Sennò come campo? (ridiamo)

RS. Molti musicisti ci provano ma non ce la fanno, forse il sistema è un po’ marcio e non dà spazio a tutti?

GC. Più che altro nella musica non di largo consumo c’è anche lì un mercato della tendenza. Ad un certo punto c’è qualcuno che decide che quel gruppo, quel cantante, quell’artista è la rivelazione del momento e non ce n’è più per nessun altro. Tutti si accaniscono a focalizzare l’attenzione su quell’artista e diventa una cosa molto deleteria per il circuito, perché alla fine nascono fenomeni che nel giro di sei mesi quadruplicano il loro cachet nel mercato dei concerti e non significa automaticamente che chi organizza concerti guadagna di più. Spesso sono gli artisti chi ci guadagnano di più quando fanno salire vertiginosamente il loro cachet. I promoter quando cominciano a dover sganciare più soldi per incassare lo stesso tipo di risultato si spaventano. Il circuito è basato sull’entusiasmo, se lo smonti non c’è più circuito. Uno dei motivi per cui si dice che la musica italiana è in crisi è proprio perché i concerti sono in crisi.

RS. I Tora Tora Festival come quelli organizzati da Manuel Agnelli si possono rifare o sono capitoli morti e sepolti ?

GC. Ci sono tante avventure che possono essere rifatte, c’era il Consorzio Suonatori Indipendenti ad un certo punto che potrebbe essere rifatto, c’è La Tempesta, c’è stato Arezzo Wave, capito? Tutto è possibile, dipende dall’entusiasmo della gente che li organizza. Il Miami è una di quelle cose che secondo me farà fatica ad essere sepolto.

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